
Gin Sour
Un membro della famiglia dei Sours che ha fatto da base per classici molto apprezzati.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un Boston. Dopo aver effettuato una Dry Shake o montato gli ingredienti con un aerolatte, shakera con ghiaccio e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di limone.
Info
Famiglia
Tipologia
Creatore
Periodo storico
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Indice
Le prime testimonianze
Come riportato nella scheda tecnica riguardante il Whiskey Sour, sappiamo che la famiglia dei Sour ha origini molto antiche. Fu sicuramente una delle tipologie di bevande miscelate più apprezzate agli albori della miscelazione classica e rimane tutt’oggi un punto di riferimento e di partenza per chiunque decida di intraprender la professione di bartender. La prima menzione di un Gin Sour è riportata sul libro di Jerry Thomas del 1862, The Bar-Tender’s Guide, ma attenzione che lo “scivolone” è dietro l’angolo. È vero che l’opera di Thomas cita la ricetta del Gin Sour, ma sulla questione inerente a cosa si intenda con la parola “gin” nel 1862 devo spendere due parole.
Il problema del “gin”
Come già scritto riguardo al Martinez, il London Dry gin non fu reperibile con continuità sul mercato statunitense fino agli anni ’90 dell’Ottocento, il che lo esclude per motivi cronologici dai possibili ingredienti del “Professore”. Le altre due tipologie di distillato aromatizzato al ginepro rimanenti sono l’Old Tom gin e il Genever (anche conosciuto come “Dutch gin”): proprio quest’ultimo, in forza delle 3 milioni di bottiglie importate negli Stati Uniti a metà del XIX secolo (contro le 100.000 dell’Old Tom gin), si presta ad essere la base alcolica di riferimento del Gin Sour di Jerry Thomas, a cui oggi dovremmo più correttamente riferirci con il nome di Genever Sour. Seguendo l’evoluzione del settore della produzione dei distillati e una progressiva “dry-zzazione” nelle preferenze gustative della clientela nel corso dei decenni, il London Dry gin ha guadagnato sempre più spazio nel mondo della miscelazione a partire da fine Ottocento, fino alla definitiva sostituzione dei suoi due antenati, l’Old Tom gin e il Genever, per l’appunto.
L’anello mancante
Per anni ho avuto nella mente una domanda a cui non sono riuscito a dare una risposta se non per merito della ricerca bibliografica messa in campo per la realizzazione di questo sito: come mai, fin dai più antichi ricettari in nostro possesso (a partire dal 1862), riusciamo facilmente a reperire la ricetta del Silver Fizz (il Gin Fizz reso vellutato dall’aggiunta dell’albume d’uovo) e non quella di un “Silver Sour”? A pensarci bene, Fizz e Sour condividono la medesima struttura, la medesima tecnica di realizzazione, il medesimo grado di popolarità. Allora come è possibile che nessuno in passato abbia pensato di donare ad un Sour la caratteristica morbidezza riscontrabile in un Silver Fizz?
Il Frosted Sour, o il “Ci sono quasi”
Fino a qualche anno fa si riteneva che la prima menzione dell’utilizzo dell’albume d’uovo all’interno della famiglia dei Sour fosse da attribuire a Robert Vermeire e al suo libro Cocktails – How to Mix Them del 1922: l’autore, nel riportare la ricetta del Brandy Sour, consegna ai posteri la preziosa frase “A few drops of white of egg improve all Sours”. Ricerche più recenti hanno reperito la ricetta di un Frosted Sour sul McDonough’s Bar-Keepers’ Guide del 1883, la prima testimonianza di un Whiskey Sour realizzato con l’albume, ma il fatto che il drink fosse presentato in un bicchiere il cui bordo veniva decorato con una crusta di zucchero mi stava a dimostrare che non ero ancora arrivato in fondo ai miei dubbi.
“Frosted” avrebbe anche potuto sostituire il termine “Silver” a livello cromatico, ma quello zucchero intorno all’orlo del bicchiere? Mi sembrava un elemento posticcio. E poi l’aggettivo frosted aveva attinenza più con lo zucchero sul bicchiere (che sembrava effettivamente “congelato”) che con la bevanda al suo interno. Possibile che fra il 1883 e il 1922, quasi quarant’anni di storia della miscelazione, la tendenza ad utilizzare l’albume nei Sour sia apparsa in una ricetta e subito sparita senza lasciare altra traccia?
Il Silver Sour, o il “Lo sapevo!”
Come stavo raccontando qualche riga fa, sviluppare questo sito ha richiesto una elaborata ricerca bibliografica di fonti e ricette, in libri a volte vecchi di due secoli. Alcuni davvero poco interessanti, altri di una fattura così pregevole da far invidia ai ricettari contemporanei. Il libro del 1883 di Patsy McDonough è uno di questi ultimi. Mi ha ispirato, mi ha aiutato a fare chiarezza, mi ha trasportato in più di un “viaggio temporale”. Ma come puoi immaginare, non è una lettura che si possa intraprendere per semplice diletto. Un giorno, mentre ero alla ricerca di altre informazioni di carattere storico, mi capita sotto gli occhi quel libro, lo sfoglio e mi rendo conto di non averlo mai esplorato fino alle sue ultime pagine. Mi ritrovo a voler sapere (benedetta curiosità!) qual è l’ultima ricetta di questa opera; scorro le pagine, arrivo alla 44esima su 56 e leggo: Canada Cocktail. Angostura, zucchero, Rye whiskey e Porto. “Niente di che”, penso fra me e me. Sto per riporre il libro, ma un attimo prima qualcosa colpisce l’attenzione del mio occhio: la penultima ricetta, quella appena sopra al Canada Cocktail, recita “Silver Sour”.
La ricetta
Forse puoi capire l’emozione che ho provato nel leggere l’aggettivo “Silver” da parte alla parola “Sour”. Ma di sicuro puoi empatizzare con il mio entusiasmo quando ho letto gli ingredienti della ricetta: zucchero, acqua (per sciogliere lo zucchero), succo di lime o limone, “the white of an egg” e gin. Non mi stavo sbagliando: esisteva un anello mancante fra il Silver Fizz e la famiglia dei Sour realizzati con l’albume! Certo, come analizzato ad inizio scheda, i ragionamenti fatti su quale fosse la tipologia di gin impiegato restano comunque validi, ma ora possediamo un mattoncino in più da incastrare nella struttura della storia della miscelazione.
La struttura
Sicuramente oggi il Gin Sour non è fra i Sour più realizzati, complice probabilmente la sua incapacità di reggere il confronto con drink della medesima famiglia molto più apprezzati, come il Whiskey Sour, il Pisco Sour o persino l’Amaretto Sour. Tuttavia, la struttura composta di succo di limone, zucchero e London Dry gin è alla base di alcuni classici contemporanei molto apprezzati a livello internazionale, come il Gin Basil Smash, il Bramble e l’Earl Grey MarTEAni, che nel loro connubio fra le note botaniche del gin e gli elementi che li caratterizzano (il basilico, il liquore alle more ed il the) hanno trovato una reinterpretazione vincente del Gin Sour.
Indice
Attenzione all’albume
L’albume d’uovo, rigorosamente pastorizzato, dona una texture morbida e setosa. Non superare i 10 ml, o rischi che la schiuma sia troppa e di coprire le note botaniche del drink. L’alternativa vegana è l’aquafaba, il liquido di governo dei ceci.
Il servizio
Come per tutti gli altri Sour, anche il Gin Sour può essere servito in coppetta cocktail o on the rocks in un Double Rock glass. Si tratta di due modi differenti di intendere la bevuta del drink: più statica nel primo caso, con l’evoluzione dovuta alla diluizione secondaria nel secondo.
La questione del gin
Prova a sostituire il London Dry gin con il più morbido Old Tom gin o il più maltato Genever per portare delle note più peculiari all’interno del bicchiere.