Whiskey Sour
“Quando un americano incontra un americano, ecco che spunta un Whiskey Sour” diceva il quotidiano di Atlanta nel 1879. Nulla di più vero, ad osservare la grande popolarità di cui ancora oggi gode il drink.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un Boston. Dopo aver effettuato una Dry Shake o montato gli ingredienti con un aerolatte, shakera con ghiaccio e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di arancia.
Info
Famiglia
Tipologia
Creatore
Periodo storico
Iscriviti!
Indice
Sweet & Sour e Sour & Sweet
La prima menzione storica del Whiskey Sour appare su un quotidiano di Cincinnati nel 1826: fra le 22 versioni riportate di come gli americani sono soliti consumare le bevande alcoliche, utilizzando il Whiskey come distillato di riferimento, vengono citati il “Whiskey sweet and sour” e il “Whiskey sour and sweet”. Una differenza lessicale che si manifesta anche nel concetto alla base delle due metodologie di preparazione.
La prima, quella “sweet and sour” (che col passare degli anni verrà catalogata sotto la famiglia dei “Fix”), prevedeva che l’apporto acido donato dal limone alla miscela fosse quello conferito solamente da una fetta dell’agrume all’interno del bicchiere di servizio, che veniva stirrata con gli altri ingredienti della ricetta. Il drink veniva infine riccamente decorato con frutta come lamponi, more, chicchi di uva, arancia e ananas (come riportato sul New and Improved Bartender’s Manual di Harry Johnson, del 1882).
La seconda, “sour and sweet”, si dimostra una variante più austera, sprovvista della decorazione sgargiante, e descritta da Jerry Thomas nel suo The Bar Tender’s Guide del 1862 realizzata nella medesima maniera dei Fix ma con la precisazione di “omitting all fruits except a small piece of lemon, the juice of which must be pressed in the glass”. Il succo di limone rientra, quindi, in quantità maggiore fra gli ingredienti della drink.
La popolarità
Quest’ultima versione inizierà a prendere sempre più piede nel corso dei decenni seguenti, tanto che a partire dagli anni ’50 dell’Ottocento la famiglia dei Sour si innesta fra le preferenze della clientela dell’epoca, accostando a livello di popolarità cocktail molto apprezzati e consumati, come il Mint Julep e lo Sherry Cobbler.
Le testimonianze
Sarei colpito quanto me nel sapere che sull’edizione del 1862 del The Bar-Tenders’ Guide di Jerry Thomas il Whiskey Sour non è presente. Sono presenti il Brandy Sour, il Gin (Holland, quindi genever) Sour e il Santa Cruz Sour (in appendice, nelle note). Ma del Whiskey Sour, quello che oggi più di tutti è considerato l’emblema della miscelazione americana, quanto il Manhattan per intenderci, non vi è traccia.
Come riporta il The Oxford Companion to Spirits & Cocktail, scritto da David Wondrich nel 2021 dopo una ricerca tecnica e storiografica durata oltre dieci anni, solo a partire dagli anni ’70 del XIX Secolo la versione a base Whiskey guadagnerà la prima posizione fra le preferenze dei consumatori statunitensi, tanto che iconica diventerà la frase pubblicata nel 1879 sul Atlanta Daily Constitution “When American meets American then comes the Whisky Sour”.
La ricetta di un Bourbon Sour comparirà per la prima volta nel 1869 sullo Steward & Barkeeper’s Manual di Jesse Haney, dove viene realizzato con l’aggiunta di acqua, a delineare come il drink fosse ancora profondamente connesso con il proto-drink della miscelazione, il Punch.
Nel corso degli anni successivi sui ricettari si danno battaglia due scuole di pensiero: coloro che preparavano i loro Sour prendendo alla lettera il termine sour (traduzione di acido, aspro) e miscelavano quindi il succo di metà limone con un bar spoon di zucchero, o coloro, come in alcune ricette dello stesso Jerry Thomas, che preferivano una versione più dolce, con il limone misurato in 3 o 4 dash ed edulcorato con mezzo cucchiaio da cucina di zucchero.
La prima volta dell’albume nei Sour
Nei primi ricettari dedicati alle bevande miscelate i Sour vengono preparati sempre con tecnica stir.
Solo a partire dall’edizione del 1887 del The Bar-Tenders’ Guide del “Professore” si inizia a vedere l’utilizzo dello shaker, strumento che diventerà imprescindibile quando, a partire dal 1922, su Cocktail – How to Mix Them di Robert Vermeire, inizia a comparire sui ricettari di tutte le nazioni l’utilizzo consigliato dell’albume d’uovo. La ricetta riportata da Thomas indica l’utilizzo del Bourbon o del Rye whiskey, lasciando aperta la porta alle preferenze del bartender e del cliente.
Piccola curiosità: nell’edizione dell’opera di Jerry Thomas citata poco sopra, compare la ricetta di un Egg Sour, realizzato con l’integrazione nella ricetta di un uovo intero, albume e tuorlo. Ma è da attribuire al barman newyorkese Patsy McDonough il primato storico di aver realizzato un Frosted Sour, preparato con bourbon e albume d’uovo e servito in un bicchiere provvisto di una bordatura di zucchero, come riportato nel suo libro del 1883 McDonough’s Bar-Keeper’s Guide. Perchè questo è importante? Perchè siamo davanti alla prima fonte che citi l’utilizzo dell’albume d’uovo nei Sour. In futuro forse scopriremo altri elementi e le cose cambieranno, ma a oggi questo è quello che ho per le mani.
A William Schmidt va invece attribuita l’idea di considerare per primo l’albume d’uovo come un ingrediente opzionale dei Sours, come dimostrato dalle ricette del Delicious Sour e dell’Oriental Brandy Sour sul suo The Flowing Bowl del 1892.
La canonizzazione IBA del Whiskey Sour
Dopo la fine del Proibizionismo, il Whiskey Sour rimase fra le preferenze dei consumatori almeno fino agli anni ’60 del Novecento, quando il Margarita (prima) e la Vodka Craze (dopo) mineranno il suo appeal sui bevitori americani.
Fresco, setoso, con il suo bilanciamento fra dolce e acido, reso caldo dalle note di vaniglia e caramello del Bourbon, il Whiskey Sour è secondo il mio parere uno dei drink che devi sapere miscelare alla perfezione, perché, come tutti i classici della miscelazione, il Whiskey Sour è un punto di arrivo e un punto di partenza per chiunque voglia fare il bartender.
A partire dalla codifica del 1993, il Whiskey Sour è parte integrante della lista IBA: dalla prima edizione in cui il drink appare composto di Whiskey, succo di limone e sciroppo di zucchero in proporzione di 2-2-1 (l’albume viene considerato opzionale), il Whiskey Sour si è evoluto a partire dal 2004 in una struttura 3-2-1, per giungere, infine, alla formulazione del 2020.
Indice
Quale Whiskey per il Whiskey Sour?
Solitamente si intende l’utilizzo di un Whiskey dolce americano, quindi un Bourbon, un Tennesee o un Rye. Utilizzare Whisky scozzesi o giapponesi ad esempio, in questo caso non rappresenta lo standard della richiesta. In questo ultimo caso credo sia più corretto indicare il drink come uno “Scotch Whiskey Sour”, quindi la tipologia di Whisky che andremo ad utilizzare.
Tornando agli americani, ottimi Bourbon e Tennessee portano ad un Whiskey Sour morbido, mentre un Rye o un Tennesee Rye, che portano gradazioni maggiori, elaboreranno un drink con qualche spigolo in più che può essere molto apprezzato.
L’albume
L’albume d’uovo, rigorosamente pastorizzato, dona una texture morbida e setosa. Non superare i 10 ml, o rischi che la schiuma sia troppa e di coprire il drink. Tra le alternative vegane vi è l’aquafaba, il liquido di governo dei ceci.
Liscio o on the rocks?
A seconda dei gusti può essere servito liscio, in coppetta o in un piccolo bicchiere non troppo largo, ma anche “on the rocks” in un tumbler basso su ghiaccio.
Nel primo caso avrai un Sour deciso che tenderà a diventare più caldo se non lo bevi in tempi brevi, mentre nel secondo caso un Sour che rimarrà sempre freddo ma che diluirà piano piano (e a seconda del tipo e qualità del ghiaccio che andrai ad utilizzare).
Quale twist?
Sui sour i twist sono molto importanti, servono a mascherare l’eventuale odore di uova (ma se usi il prodotto pastorizzato l’odore è pressoché impercettibile) e donare un profilo aromatico in più.
Personalmente, in questo caso utilizzo un twist di arancia che ben si sposa col Whiskey, ma anche un twist di limone con le sue note fresche va benissimo.