Kamikaze
Uno dei "Disco Drink" più iconici di fine Novecento, con origini di almeno 50 anni precedenti.
- Scheda
- Storia
- Note
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di limone.
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Indice
Le origini
Puoi reperire un sacco di leggende riguardanti le origini del Kamikaze. Alcune fanno riferimento alla base navale statunitense nella città giapponese di Yokosuka presso il cui bar il drink sarebbe stato ideato; altre citano le figure di due bartender, Liam del Elliot Lunghe di Boston e Tony Lauriano del ristorante Les Pyrenees di New York, che avrebbero elaborato la ricetta rispettivamente nel 1974 e nel 1972. Per essere ancora più preciso, in alcune di queste narrazioni si racconta che l’unione di vodka, liquore alle arance e succo di lime venisse servito come “shot”, shakerato e bevuto tutto d’un fiato.
Nulla che mi convinca totalmente, però: oltre a non avere una testimonianza inconfutabile in ognuno dei casi citati, credo che sia più corretto concentrarsi sul periodo storico maggiormente menzionato negli storytelling precedenti, ovvero gli anni ’70 del Novecento.
La Vodka Craze
Ho già parlato della storia della Vodka nella scheda del Vodka Tonic, per cui se vuoi approfondire le origini del distillato russo puoi andare a cercare informazioni direttamente a quel collegamento. Ciò su cui ora mi voglio concentrare, invece, ha a che fare con la popolarizzazione della vodka nel mercato statunitense, in quella finestra temporale che è conosciuta con il nome di Vodka Craze. Te la faccio breve per non annoiarti troppo.
Fino agli anni ’40 del Novecento, la vodka non riscosse molto successo negli Stati Uniti, soprattutto per due fattori: il Proibizionismo aveva “tagliato le gambe” al mercato delle bevande alcoliche e alle sue nuove tendenze (a differenze di quanto avveniva in Europa, dove proprio fra il 1920 e il 1937 abbiamo le prime menzioni del distillato sui ricettari stampati nel Vecchio Continente); i consumatori americani preferirono birra, gin e whiskey quando il Volstead Art fu abrogato e il consumo di alcol ritornò ad essere legale.
Revolutionary Road
Ma la rivoluzione era dietro l’angolo. Come puoi leggere nella scheda dedicata al Moscow Mule, nel 1925 Rudolph P. Kunett acquistò da Vladimir Smirnov in persona i diritti per la produzione della sue vodka sul suolo americano una volta terminato il Proibizionismo. Nel 1934, Kunett mise in piedi la propria distilleria a Bethel, in Connecticut, iniziando la produzione, ma le vendite si riveleranno meno elevate di quanto sperasse: nel primo anno furono solo 1200 le casse di distillato piazzate sul mercato, soprattutto ad immigrati polacchi e russi.
Sull’orlo della bancarotta, Kunett nel 1938 decide di cedere i diritti per la distribuzione della vodka Smirnoff (rinominata così proprio in quegli anni, per avvicinare maggiormente il prodotto sovietico al mercato americano) alla G.F. Hueblein Bros, sotto la supervisione di John Martin, per 14.000 dollari ed il 5% di royalties su ogni bottiglia venduta per dieci anni. Ed ecco il momento “sliding doors”.
Sliding Doors
Su consiglio di Martin, sull’etichetta della Smirnoff la parola “vodka” viene sostituita con la scritta “white whiskey“. D’altronde, che cosa è una vodka se non un whiskey purificato alla sua massima essenza, priva dei sapori e dei profumi caratteristici del distillato statunitense? Certo, oggi potremmo parlare di pubblicità ingannevole o guerrilla marketing, ma si tratta di anni in cui l’attenzione al consumatore doveva ancora strutturarsi per come la conosciamo oggi. Il termine “white whiskey” comincia a sdoganare la vodka fra le preferenze degli americani, che scoprono il nuovo distillato e ne apprezzano le sue caratteristiche, prima fra tutte quelle di non lasciare “prove del reato” nell’alito dei suoi consumatori, diversamente dalle altre acqueviti, soprattutto il whiskey.
Le campagne pubblicitarie di quegli anni, accompagnate dagli slogan “Smirnoff White Whiskey – No Taste, No Smell” e “Smirnoff Leaves You Breathless”, testimoniano il vorticoso successo di vendite che il distillato iniziò a intraprendere a partire dagli anni ’40, soprattutto nel campo della miscelazione. La creazione o la popolarizzazione del Moscow Mule, dello Screwdriver, del Bloody Mary, del The Bull Shot sono tutti da ricondurre a questo preciso periodo storico.
Nel 1954 la produzione di Smirnoff era già aumentata del 47%, mentre col giungere degli anni ’70 la vodka comincerà a staccare tutti gli altri distillati in fatto di quantitativi di consumo: nel 1975 risulterà il prodotto alcolico più bevuto negli Usa, con un totale di oltre 300 milioni di litri.
In conclusione
La canonizzazione IBA del Kamikaze
Il Kamikaze è stato inserito nella lista IBA nel 2004 e nel 2011. A partire dalla codifica successiva, quella del 2020, invece è risultato ripetutamente escluso.
Indice
Zucchero?
Aggiungere un piccola quantità di sciroppo di zucchero, come ad esempio 5 ml, può rendere il drink più corposo e meno secco, avvicinandosi più a Sour classico che ad un Daisy.
Limone o lime?
In alcune ricette potresti trovare indicato l’utilizzo del succo di lime in sostituzione a quello di limone. Non si tratta di un errore, ma di una variante riconosciuta ed accettata a livello mondiale.
E l’albume?
Come già indicato per altri rappresentanti della famiglia dei Daisy (White Lady, Margarita, …) qualora volessi donare una sensazione più morbida alla bevuta, puoi aggiungere qualche ml (circa 5-10) di albume d’uovo pastorizzato alla ricetta.