
Amaro Sour
Un’idea per degustare i prodotti della tradizione italiana che vada oltre al servizio in purezza. Tante differenti connotazioni apportate dalla grande varietà di questa categoria commerciale reperibile sul nostro mercato interno.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un Boston. Dopo aver effettuato una Dry Shake o montato gli ingredienti con un aerolatte, shakera con ghiaccio e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di agrume.
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Indice
Il drink
Amaro Sour non è una ricetta codificata o famosa, ma un template col quale degustare il tuo amaro preferito. Amaro Sour è un modo per stupire, perché questi prodotti si sposano benissimo col limone e lo zucchero. Amaro Sour è qualcosa di avvolgente. Amaro Sour ovviamente non esiste, ma sarebbe più corretto chiamarlo “Il tuo Amaro preferito Sour”.
Un primato mondiale
Non basterebbe un’intera biblioteca pubblica per contenere tutti i libri e le informazioni che sono collegati alla storia dell’amaro, alla sua evoluzione e al suo consumo nel corso dei secoli, ma proverò a tracciare alcune linee guida che spero possano esserti utili alla comprensione di questo ingrediente così importante.
Quello che posso dire con certezza è che quella dell’amaro è una tipologia commerciale su cui la produzione italiana vanta un primato mondiale. Il motivo di questo successo non è dovuto al caso, ma ad una serie di fattori eterogenei che trovano nel nostro paese una commistione peculiare e irripetibile. Il primo di questi fattori è sicuramente la storia della nostra nazione, fatta di lunghi imperi e di continue invasioni e dominazioni straniere, che hanno portato l’Italia ad essere un crogiuolo di idee, necessità e contaminazioni senza soluzione di continuità, che hanno plasmato le menti e gli atteggiamenti degli italiani.
La Scuola di Salerno
Fu proprio in Italia, dopo la presa di Gerusalemme al termine della prima crociata (nel 1099), che la Scuola Medica di Salerno diventa il centro del sapere europeo: qui vengono trasportati gli alambicchi scoperti fra le mura della Città Santa e vengono tradotti i libri degli alchimisti arabi o quelli che si ritenevano fossero andati perduti dell’antichità greca, che proprio perché considerati “pagani” vennero messi al bando o distrutti nella prima Europa cristiana. Sarà grazie a queste conoscenze che fiorirà una produzione di pubblicazione proto-scientifiche, dalla medicina all’erboristeria fino alla distillazione. Sempre nella città campana verrà piantato, inoltre, il primo orto botanico della storia, il Giardino della Minerva, in cui oltre settecento piante verranno studiate per le loro capacità curative. Altri ne sorgeranno a Roma (nel 1447), a Firenze (nel 1545), a Bologna (nel 1567) e a Torino (nel 1729), tutte città che col tempo svilupperanno una produzione liquoristica di qualità.
Gli Ordini religiosi
Un altro fattore da considerare è la presenza di un grande numero di ordini religiosi. Questi, all’interno delle mura dei loro conventi e dei loro monasteri, hanno dato un grandissimo impulso alla distillazione e allo studio delle erbe, e grazie alla loro vocazione culturale hanno anche permesso, tramite la scrittura di manuali specifici, che le loro conoscenze valicassero le loro mura e si disperdessero anche nella parte laica della società. Anche quando alcuni di questi ordini vennero sciolti, si voglia che fossero in odore di eresia o quando Napoleone nel 1808 decretò la loro fine in Francia e in tutti i territori da essa controllati (Italia compresa), gli ex membri del Clero si ritrovarono a doversi guadagnare da vivere in una società nuova e in profondo mutamento, e molti di loro portarono la loro conoscenza in materia a liquorifici e simili.
La “piccola era glaciale”
L’Italia ebbe anche la fortuna di essere solo “marginalmente” sfiorata da quella che gli storici chiamano la “piccola era glaciale”, un periodo temporale che va dalla fine del 1400 alla fine del 1700 in cui un brusco abbassamento delle temperature medie colpì l’Europa continentale e del Nord e che decimò in maniera irreparabile la quantità di varietà di piante di molte nazioni: è proprio di quei secoli la totale scomparsa della coltivazione della vite in Gran Bretagna (per approfondimenti sulla “piccola era glaciale” e le conseguenze che ebbe sul continente europeo e di come queste portarono alla nascita della modernità, vi consiglio di leggere il libro di Philipp Blom “Il primo inverno. La piccola era glaciale e l’inizio della modernità europea”, edizione Marsilio).
Il nostro paese fu risparmiato dalla piaga delle temperature grazie alla barriera che opposero le alpi ai venti freddi provenienti da nord e all’influsso mitigatore del mare che circonda la penisola e che mantiene il clima tendenzialmente più stabile.
La Biodiversità
Per concludere l’elenco dei fattori da ascrivere alle cause della produzione di qualità italiana nel campo degli amari non possiamo tralasciare la caratteristica composizione territoriale della nostra nazione: decine di microclimi differenti vengono a trovarsi in un paese dove mare e montagne sono distanti pochi chilometri fra loro, a volte praticamente attigui, e dove laghi e fiumi rendono l’acqua e i suoi preziosi elementi minerali sempre disponibili. Il suolo è praticamente equamente distribuito fra montagna (35,2% del suolo totale), pianura (23,2%) e collina (41,6%) e gli sbalzi termici nelle zone a composizione eterogenea sono fondamentali per lo sviluppo dei precursori dei profumi per moltissime specie vegetali, che porteranno negli amari una vasta scala di aromi e sapori.
Proprio dall’incontro di tutti i fattori precedentemente descritti l’Italia ha sviluppato una antica tradizione nella produzione di Teriache, Ratafià, Rosoli, Vermouth ed Elisir, tutti antenati degli amari.
A norma di Legge
Da disciplinare del 2008 si definisce amaro (termine che deriva dal latino amarum, ovvero dal sapore amaro) un prodotto alcolico realizzato con diverse tipologie estrattive e che contiene principi amari provenienti da erbe, radici, rizomi e cortecce opportunamente bilanciati dalla presenza di zucchero, la cui quantità può variare da zero ad alcune decine di grammi per litro, a seconda dell’origine territoriale o della scuola di provenienza del prodotto. Gli amari sono una categoria merceologica relativamente giovane, nata verso la fine dell’Ottocento e che fra gli anni ’50 e ’70 del secolo successivo prenderanno la conformazione che oggi conosciamo.
Nella loro composizione oggi si utilizzano i termini “piante” o “botaniche” che hanno sostituito il più desueto droghe (piccola curiosità, la parola “droga” deriva dall’olandese droog, che significa secco, da cui è mutuato l’anglosassone dryg e l’inglese dry; l’origine coloniale di molte di queste piante amare e aromatiche prevedeva la loro trasformazione nella forma essiccata per affrontare i lunghi viaggi commerciali che queste dovevano fare e rendere quindi impossibile il loro deperimento e la perdita del carico da parte del commerciante). Fra i principali amaricanti troviamo l’aloe, l’arancio amaro, l’assenzio, il carciofo, la cascarilla, la china, la genziana e il rabarbaro.
Nei paesi del Nord Europa questa categoria merceologica è chiamata bitter, termine che sia in inglese che in tedesco significa amaro.
Per una trattazione più che esaustiva sull’argomento amari, ti consiglio la lettura del libro di Fulvio Piccinino Amari e Bitter. Storia e produzione dagli speziali ai bartender edito da Graphot, che oltre ad una precisa ricostruzione storica, libro per libro e produttore per produttore, della tradizione nazionale nella produzione degli amari, dà interessanti spunti su come gusto, costume e società della nostra nazione siano andati di pari passo con l’industria liquoristica e con i suoi protagonisti.
Indice
- Ritengo che la ricetta riportata sia da considerare una linea guida generale da modificare di caso in caso a seconda dell’amaro che decidi di utilizzare, poiché quantità di zucchero e profilo aromatico/amaro variano da prodotto a prodotto. In casi particolari è possibile trovare dei prodotti che presentano già al loro interno una nota di limone accentuata, cosa che potrebbe portare a modificare anche la quantità di succo di limone fresco da miscelare nel drink.
- Come nel caso dell’Amaretto Sour di Morghentaler, l’amaro potrebbe non essere lo spirito di base del drink, quanto un metodo per tagliare un distillato. Scatena gli abbinamento in 3, 2, 1…
- Non è stato specificato un twist di agrume in particolare perché una prova di riuscita comprensione del drink potrebbe essere quella di sposare il gusto amaro con l’appropriata aromaticità portata dai differenti agrumi a nostra disposizione. Insomma, divertiti a sperimentare combinazioni originali…purché funzionino bene!!!
- Il drink può anche essere servito On the rocks in un tumbler da 350 ml ricolmo di ghiaccio.