Cardinale
Il primo twist on classic sul Negroni, fra la curia pontificia e la Dolce Vita romana.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
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Gusto
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Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un mixing glass ben freddo, stirra con ghiaccio a cubetti e filtra in una double rock ricolmo di ghiaccio. Infine, sprizza il twist di arancia.
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Indice
Il primo twist sul Negroni
Come racconta Luca Picchi nel suo libro Negroni Cocktail: Una Leggenda Italiana, il Cardinale è considerato il primo twist della storia sul Negroni. Sarebbe stato creato nel 1950, anno in cui il Pontefice Pio XII indisse il Giubileo Universale della Chiesa Cattolica, che per dodici mesi avrebbe portato a Roma migliaia di fedeli da tutto il mondo. Uno dei luoghi più frequentati dalle autorità, dalle star (all’epoca Cinecittà divenne quasi un distaccamento di Hollywood, che girò in Italia alcuni dei film più belli della storia del cinema) e dall’alta borghesia della Capitale era l’Hotel Excelsior, fondato nel 1906.
Vino e spezie
Il cardinale di origine tedesca Schumann era solito recarsi al bar dell’albergo per consumare un aperitivo a base di Gin, Bitter e vino della Mosella, quest’ultimo aromatizzato da cannella, chiodi di garofano e scorza di limone. Il barman Giovanni Raimondo, genovese di nascita, una sera propose all’alto prelato un cocktail per variare la propria abituale consumazione e, ricalcando idealmente la struttura dell’aperitivo usuale consumato dal Monsignore, gli propose questa versione del Negroni in cui il Vermouth dry sostituisce l’originale Vermouth dolce.
Nuove scoperte
Quella che hai appena letto è la versione della storia più facilmente reperibile su libri e siti dedicati ai professionisti del settore. Ricerche più recenti hanno portato alla luce una serie di informazioni completamente nuove, che riscrivono in parte la strada percorsa dal Cardinale. Sembra infatti che un primo antenato del drink che oggi misceliamo sia stato realizzato in Francia intorno agli anni ’20 del Novecento: sul libro Guide du Barman et du Gourmet Chic del 1921 compare la ricetta del Cardinal, un vino bianco macerato per 24 ore insieme a fette di arancia, chiodi di garofano e cannella. A scrivere l’opera fu Adolphe Torelli, bartender del Winter Palace di Nizza. Questa teoria conferma l’associazione del Cardinale contemporaneo con l’aperitivo inizialmente consumato da Monsignor Schumann all’Hotel Excelsior di Roma.
A sdoganare il nome e la struttura del Cardinale fra i nostri confini nazionali sono stati Piero Grandi e Amedeo Gandiglio, entrambi con alle spalle un’esperienza lavorativa presso Nizza. Il primo pubblicò nel 1926 la seconda edizione del suo Cocktails, in cui oltre ad una ricetta di Cardinale composta da Gin, Bitter Campari e Vermouth Italiano (dolce e rosso) riporta un Martini Cocktail realizzato con Gin, Bitter Campari e Vermouth Dry, gli ingredienti del Cardinale come lo prepariamo oggi. Gandiglio, invece, nel 1947 diede alle stampe il proprio Cocktails Portfolio in cui compare la ricetta del drink realizzata con l’aggiunta di qualche goccia di amaro.
La corretta identità del Monsignore
Anche sulla figura che sembra avere ispirato il nome del Cardinale va fatta un po’ di chiarezza. Gli ultimi ritrovamenti sostituiscono alla persona di Schumann quella di Francis Joseph Spellman: nato in Massachusetts nel 1889, studiò al Fordham College e a Roma, città in cui ritornò nel 1925 come addetto alla Segreteria di Stato. Nel 1939 Papa Pio XIII lo consacra vescovo di New York, e nella metropoli statunitense le sue doti sociali, condite da un’attrazione per la vita mondana, lo portarono a stringere legami molto stretti con alcune delle personalità più importanti del periodo, come Joseph McCarthy, John Fitzgerald Kennedy ed Edgar Hoover.
A questo punto della storia, realtà e leggenda si intersecano in maniera definitiva. Durante uno dei suoi viaggi alla Curia Pontificia, Spellman ordinò al bartender Giovanni Raimondo dell’Hotel Excelsior la propria bevanda miscelata preferita, un Cardinal di tradizione francese sporcato con Gin e Bitter Rosso. Nella propria rielaborazione più veloce da realizzare, Raimondi sostituì il vino bianco aromatizzato da cannella, chiodi di garofano e scorza di agrumi con il più pratico Vermouth Dry, consacrando il drink alla struttura che oggi gli attribuiamo. Il Cardinale, complice la grande popolarità di cui godeva Spellman sui due lati dell’Atlantico, si diffuse sia in Italia che negli Stati Uniti, come testimonia la sua comparsa sui ricettari pubblicati in entrambi i paesi a partire dagli anni ’50.
Un Negroni secco? Molto di più.
Considerare il Cardinale come una variante meno dolce del Negroni potrebbe essere riduttivo: si tratta infatti di un drink che possiede una propria personalità ed un proprio bacino di utenza, che non per forza è coincidente con quello degli amanti del drink legato alla figura del Conte Camillo.
Infatti, la secchezza del London Dry gin nel Cardinale viene esaltata dal Vermouth dry, che con l’acidità contenuta nel vino bianco alla sua base tende a ripulire la bocca ad ogni sorso e a rendere più percettive le papille gustative. Inoltre, la piccola quantità di zucchero presente nel vino fortificato non ha l’intensità necessaria a controbilanciare le note amaricanti del Bitter, scoprendo così il nostro cliente ad un gusto che non gode di un apprezzamento universale. Valuta bene, quindi, a chi proporre questo drink.
La canonizzazione IBA del Cardinale
Nel 2024 il Cardinale è stato uno dei nuovi drink aggiunti alla codificazione di IBA, permettendo per la prima volta il suo inserimento nella lista sotto la categoria dei Contemporary Classics.
Indice
Bicchiere o coppetta?
Alcuni servono il drink in coppetta senza ghiaccio. Non è un errore, è solo un modo differente di intendere il drink.
Bilanciamento del cocktail Cardinale
Come per tutti i cocktail simili al Negroni, libero di bilanciare gli ingredienti in base ai prodotti a tua disposizione e al risultato che vuoi raggiungere.
Quale Vermouth dry per il Cocktail Cardinale?
Personalmente un Vermouth dry dalle note non troppo ossidate come Dolin Dry.
Chunk o cubetti?
In questo caso meglio un chunk capace di limitare la diluizione secondaria, ma se non lo hai a disposizione i normali cubetti vanno benissimo.