The Lost Explorer Mezcal Espadin

Questo Mezcal mi sta facendo letteralmente impazzire!

Indice

    La Mania

    Mezcal, mezcal, mezcal. Tutti ne parlano, molti lo bevono, pochi (pare) sanno come miscelarlo.

    Sembra che la febbre del distillato messicano in Italia abbia finalmente valicato l’argine del banco bar: se infatti fino a qualche anno fa ad appassionarsi alla più rurale acquavite dello Stato centramericano erano soprattutto esponenti del settore dell’ospitalità, indottrinati a dovere da brand ambassador, masterclass ed eventi a tema, influencer digitali e locali di riferimento, da due anni a questa parte sento sempre più spesso la parola mezcal fuoriuscire dalla bocca di persone che con la mixology non hanno nulla a che fare.

    Da un lato è un successo: è l’ennesima dimostrazione che un prodotto di qualità accompagnato da uno storytelling vincente è ancora capace di influenzare le scelte dei consumatori e di portare ventate di aria nuova dentro alle nostre bottigliere. Da un altro punto di vista va un po’ meno bene. Non ho nulla contro il mezcal, anzi, lo ritengo uno dei prodotti più autentici del mercato contemporaneo. La mia maggiore preoccupazione riguarda la consapevolezza che i bartender italiani non abbiano ancora capito come impiegarlo a dovere in miscelazione. Già, perché il mezcal è un distillato che va studiato, va compreso e va rispettato, altrimenti si rischia di combinare dei guai. Se, infatti, è innegabile che le sensazioni affumicate che lo caratterizzano sono la componente più spendibile su cui fare leva per proporlo alla clientela, quelle stesse note possono ritorcersi contro ogni bartender nel momento in cui il mezcal viene miscelato in un cocktail.

    Mi è capitato troppo spesso di incontrare sulle drink list dei locali che ho frequentato per lavoro o per piacere personale, ricette di Mezcal Margarita e Mezcal Paloma che prevedessero la semplice sostituzione del mezcal al tequila della ricetta originaria. Il rischio immediato è quello di servire al cliente un drink che sa di “posacenere”, completamente privo di equilibrio e non piacevole da consumare; il danno a lungo termine, invece, è rappresentato dal pericolo di far perdere quell’appeal che il distillato è finalmente riuscito a raggiungere nel mercato mainstream, tagliando le gambe al suo consumo liscio e al suo impiego in miscelazione.

    Fin dalle prime esperienze in cui ho avuto la possibilità di approcciarmi a questo spirito, ho da subito capito che per la creazione di drink era difficile pensare di poterlo utilizzare in purezza, ma piuttosto come un “taglio”, ovvero eliminando una percentuale più o meno elevata di un altro prodotto alcolico presente nella ricetta per sostituirla con la medesima quantità di mezcal. Trovo che sia un impiego molto più elegante della sua complessità aromatica, soprattutto quando abbiamo per le mani un mezcal che non presenti sentori eccessivamente affumicati, ma che dia risalto anche alle note erbacee e fruttate che derivano dalla materia prima o che si sviluppano durante la fermentazione dell’agave.

    Benché generalmente questo è il metodo che mi guida nell’impiego del mezcal in miscelazione, in questo articolo ho preferito mostrarti come ragiono quando decido che il distillato messicano sia l’unico protagonista alcolico (o comunque quello in quantità più elevata) da inserire all’interno di una ricetta. Fra qualche riga ti spiegherò quali scelte mi hanno portato alla creazione di Jalisco e Montezuma, due signature che ho elaborato con 50ml di mezcal ciascuno. Ma prima di parlarti di miscelazione, ti introduco al brand che ho deciso di impiegare.

    The Lost Explorer

    The Lost Explorer Mezcal Espadín (in Italia distribuito da Fine Spirits) è un mezcal artigianale che incarna un profondo rispetto per la tradizione, la natura e la comunità di Oaxaca, in Messico. È la prima delle tre espressioni principali del marchio, affiancata da Tobalá e Salmiana, e si distingue per il suo profilo aromatico equilibrato e accessibile, rendendolo un’ottima introduzione al mondo del mezcal. Al centro di questo mezcal c’è l’agave Espadín (Agave angustifolia), una varietà che impiega circa otto anni per raggiungere la piena maturità nelle aride valli di San Pablo Huixtepec. Questo lungo periodo di crescita consente all’agave di sviluppare una ricchezza di zuccheri e sapori che si tradurranno nel carattere distintivo del mezcal. La scelta dell’Espadín non è casuale: è la varietà di agave più comune e coltivata per la produzione di mezcal, apprezzata per la sua versatilità e la capacità di esprimere un ampio spettro di note aromatiche.

    Una volta raccolte, le piñas (i cuori dell’agave) vengono cotte in forni conici scavati nel terreno, rivestiti di roccia vulcanica, legno locale recuperato, terra e pietre di fiume. Questa cottura sotterranea, che dura circa tre giorni, conferisce all’agave le sue caratteristiche note affumicate. Dopo la cottura, le piñas vengono lasciate riposare per 2-3 giorni. Successivamente, le agavi tostate vengono macinate per estrarre il succo zuccherino. La fermentazione avviene in modo naturale in botti di rovere a cielo aperto, dove i lieviti selvatici, unici del palenque di The Lost Explorer, trasformano gli zuccheri in alcol. Questo processo è attentamente monitorato dal Maestro Mezcalero Fortino Ramos Floreàn (artigiano con 40 anni di esperienza) per garantire che il sapore e il carattere desiderati si sviluppino pienamente. Infine, il liquido fermentato e le fibre di agave vengono sottoposti a una doppia distillazione in alambicchi di rame in piccoli lotti. Questo metodo di distillazione controllata permette di ottenere un mezcal puro e liscio, con un grado alcolico del 42% ABV, ritenuto dal Maestro Ramos l’equilibrio perfetto per far risaltare la complessità dell’agave.

    The Lost Explorer Mezcal Espadín si presenta cristallino. Al naso, offre un bouquet invitante di erbe fresche, accompagnato da lievi sentori di legno bruciato e una sottile salinità, che ricorda l’aria marina. Si possono percepire anche sfumature di pera e mela rossa. Al palato, l’ingresso è morbido e leggermente dolce, evolvendo verso note erbacee e delicatamente affumicate. Emergono sapori di mela croccante e frutti maturi, bilanciati da una leggera nota salata e sentori di cuoio. La morbidezza è una caratteristica distintiva, rendendolo un mezcal molto gradevole anche per chi si avvicina per la prima volta a questa categoria di distillati.

    Oltre alla qualità del prodotto, The Lost Explorer Mezcal è fortemente impegnato in pratiche sostenibili e nel sostegno della comunità locale. Per ogni agave utilizzata, ne vengono ripiantate almeno tre. I rifiuti dell’agave vengono trasformati in fertilizzante per il terreno. L’azienda utilizza energia solare e si impegna nella conservazione dell’acqua piovana. Le bottiglie sono realizzate con oltre il 55% di scarti di vetro riciclato, e i tappi sono in legno naturale sigillati con cera d’api biodegradabile. The Lost Explorer collabora anche con organizzazioni locali per promuovere la parità di genere, l’accesso all’acqua potabile e opportunità di lavoro e formazione artigianale per le comunità indigene di Oaxaca. Questo impegno ha portato a numerosi riconoscimenti, tra cui quello di “mezcal più premiato a livello internazionale” nel 2021.

    In miscelazione

    L’introduzione alle caratteristiche organolettiche scritte qualche riga sopra possono già farti intuire perché ho deciso di impiegare The Lost Explorer Mezcal Espadin per la creazione di Jalisco e Montezuma. La prima caratteristica che mi ha convinto è una non eccessiva presenza di note affumicate nel prodotto finito, che permettono un utilizzo che non rischi di rivelarsi eccessivamente stucchevole nel drink. La seconda componente sono stati i sentori fruttati di mela rossa e pera, che fanno convergere il sapore delle ricette verso una direzione più fresca ed accattivante, senza spigolosità ostiche da dover smorzare.

    Proprio le note fruttate di The Lost Explorer Mezcal Espadin mi hanno guidato nella creazione di Jalisco. In questa ricetta ho voluto abbinare i suoi sentori di mela con uno dei frutti di colore rosso più mainstream del mondo: la fragola. Ho deciso di realizzare un premix a base di estratto di fragole e sciroppo di zucchero: la componente acidula dei piccoli frutti si integra bene con la dolcezza dello zucchero, creando una preparazione home made che possiamo tranquillamente definere come shrub. Il contributo dello sciroppo, però, sovrastava prepotentemente l’acidità delle fragole, ragione per cui ho deciso di ribilanciare la ricetta con una piccola quantità (2,5ml, ovvero un barspoon) di succo di yuzu, un piccolo agrume orientale dalla spiccata aromaticità. Al primo assaggio il cocktail mi convinceva nel suo equilibrio, ma sentivo che mancava qualcosa che elevasse la bidimensionalità della bevuta. Lasciandomi ispirare dal distillato e dal suo territorio di origine, ho infine deciso di arricchire la struttura di Jalisco con uno degli elementi tipici del Messico: il peperoncino. L’abbinamento fra il sapore della frutta e le sensazioni trigeminali attivate dalla capsaicina è da sempre, per me, un connubio vincente. Provando inizialmente ad usare della polvere di peperoncino, dopo un paio di tentativi ho capito che avrei standardizzato la creazione del drink impiegando qualche goccia di Tabasco Sauce all’interno dello shrub di fragole e sciroppo di zucchero, decidendo infine di chiamarlo Spicy Fragola Mix. Fruttato, dolce e acido, con lievi sentori di affumicatura e leggermente piccante, Jalisco si è dimostrato un drink dalla bevuta non scontata, ideale per un aperitivo disimpegnato.

    Se per Jalisco ho ragionato per analogia (frutta con frutta), in Montezuma ho preferito muovermi per contrasto. L’idea di base era creare una ricetta che prevedesse una componente che andasse a mitigare la fruttata morbidezza e la lieve affumicatura di The Lost Explorer Mezcal Espadin con un elemento spiccatamente acido. La scelta è ricaduta sul lime. E se voglio far risaltare l’acidità del suo succo e l’aromaticità dei suoi olii essenziali c’è solo un drink da cui posso partire: la Caipirinha. Collegandomi come sempre al territorio di origine del distillato, fin dalle prime prove ho deciso di sostituire alla cachaça il mezcal e al canonico zucchero bianco dello sciroppo di agave, per conferire una dolcezza più stratificata e articolata. Lime pestato, sciroppo di agave, The Lost Explorer Mezcal Espadin e ghiaccio tritato funzionavano molto bene insieme ma, esattamente come per Jalisco, sentivo che mancava qualcosa capace di connotare univocamente il drink. Questa volta mi sono lasciato ispirare dalla Storia: qualche settimana prima mi sono ritrovato sul divano con mio figlio Pietro a guardare un documentario alla televisione che raccontava l’ascesa e la caduta dell’Impero Azteco. Ho scoperto che una volta che gli Aztechi sottomisero i Maya cominciarono a chiedere come forma di tributo semi di cacao, per loro più preziosi dell’oro, e che l’imperatore Montezuma era solito bere 50 tazze di cioccolata calda al giorno. Insomma, avevo trovato l’elemento identificativo del drink. Le note amare del cacao creavano un doppio contrasto con l’acidità del succo di lime e la dolcezza dello sciroppo di agave, donando al drink in aggiunta una componente aromatica che piace a tutti. Ho subito deciso di impiegare una crema di cacao (10ml) di ottima qualità e dopo un paio di tentativi per ribilanciare la ricetta, Montezuma (il drink) aveva finalmente la sua forma definitiva.

    Per concludere

    Spero che questo articolo ti sia stato di aiuto per capire quali decisioni compiere quando scegli di creare un drink che abbia come protagonista principale il mezcal. Il mio invito è di trovare il brand più adatto alle tue esigenze, di studiarlo approfonditamente in tutte le sue sfumature per riuscire ad esaltarle e per non esserne sovrastato. Ma soprattutto fai attenzione alle note eccessivamente affumicate: la loro piacevolezza quando consumi il mezcal in purezza non è detto che possano rendere altrettanto bene nella bevuta più lunga di un drink.

    Secret Link