Orange Blossom
Un drink ritenuto imbevibile da Winston Churchill, universalmente riconosciuto per essere di bocca buona in fatto di bevande miscelate. Ma era davvero così pessimo, l'Orange Blossom? Sfatiamo qualche falso mito.
- Scheda
- Storia
- Note
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una Coppetta Cocktail ghiacciata.
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Indice
Una brutta nomea
L’Orange Blossom è probabilmente il drink meno apprezzato dalla storia della miscelazione: nel 1934 Frank Shay pubblica su Esquire una lista dei 10 peggiori cocktail dell’anno, in cui l’Orange Blossom spicca fra i primi posti. Si narra inoltre la leggenda che durante la Seconda guerra mondiale, in un meeting a Washington fra Churchill e Franklin Delano Roosevelt, il Presidente americano abbia preparato al Primo Ministro inglese proprio un Orange Blossom prima di pranzo, che si ritrovò a non gradirne un secondo bicchiere pochi minuti dopo, facendo del drink probabilmente l’unico mai rifiutato da Winston Churchill, grande appassionato di bevute alcoliche.
Anche David Embury, nel suo The Fine Art of Mixing Drinks del 1948, non si esprime in maniera positiva nei confronti del drink, definendolo “another spawn of the prohibition toad”. Ad onor del vero, Embury precisa che se realizzato nella maniera corretta, risulta essere un drink gradevole. Sicuramente ciò che ha penalizzato l’Orange Blossom è stato nel corso del tempo l’utilizzo di succhi di frutta industriali e pastorizzati, che hanno fatto perdere alla bevanda miscelata gran parte del proprio aroma e del proprio bilanciamento.
Le testimonianze
La prima menzione del drink risulterebbe essere quella del 1906 sul Louis’ Mixed Drinks di Louis Muckensturm, in cui il cocktail è preparato con London dry gin e Italian vermouth in medesime quantità, con l’aggiunta di spremuta di arancia. Nel 1908 la versione riportata da William Boothby sul suo The World’s Drinks and How to Mix Them è composta di Plymouth gin e spremuta di arancia, mentre nel 1922 Robert Vermeire in Cocktail – How to Mix Them, alla spremuta e al gin, riporta l’aggiunta di Orange bitters e qualche dash di granatina, se gradita dal cliente.
A leggere gli ingredienti di quest’ultima menzione, è difficile credere che un drink con una serie di innesti così tanto aromatici e ricercati allo stesso tempo dovesse proprio essere pessimo all’assaggio. Come già detto qualche riga sopra, è davvero forse il caso di pensare che a penalizzare il drink siano stati l’utilizzo di prodotti industriali e non freschi, con un livello qualitativo neanche minimamente paragonabile a quelli che oggi possiamo reperire.
Successivamente all’opera di Vermeire, il drink comparirà in altri numerosi e importanti ricettari, come il menù-souvenir confezionato dallo Sloppy Joe’s Bar di L’Avana nella stagione 1932-33 (contemporaneamente apparirà anche fra le proposte del Bar La Florida di Constante) e l’Old Waldorf Astoria Bar Book del 1935 di Crockett, la cui ricetta sarà d’ispirazione per quella riportata nel 1977 da Stanley M. Jones sul Jones’ Complete Barguide.
Nonostante l’endorsement negativo di Churchill, l’Orange Blossom venne inserito nella prima lista IBA del 1961 (un altro punto a favore della qualità del drink, se realizzato con la giusta attenzione), venendo però sistematicamente escluso nelle codifiche successive.
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Un tocco più aromatico
Per un drink con un bouquet più strutturato, abbassa la quantità di gin a 30 ml e inserisci 15 ml di vermouth dolce rosso. Così facendo l’Orange Blossom si avvicinerà molto alla ricetta del Bronx.
La freschezza vince sempre
Spremuta fresca di arancia ed una buona granatina sono le chiavi del successo per realizzare il drink al meglio delle sue possibilità.