Margarita
Un Daisy per Yankee preparato a Tijuana. Lime, liquore all’arancia e Tequila: manca solo il sombrero!
- Scheda
- Storia
- Note
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una coppetta ghiacciata. Servi con la crusta di sale o con sale a parte.
Info
Tipologia
Creatore
Periodo storico
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Indice
Sei possibili origini
Come per altri drink classici che hanno fatto la storia del bere miscelato, le leggende sulla nascita del Margarita si sprecano. Un esaustivo compendio sulle differenti versioni (sei, le più accreditate) dell’origine del drink lo fornisce Gary Regan sul suo The Joy of Mixology.
Da Daniel Negrete, che ideò il drink per la sua fidanzata Margarita nel 1936, a Johnnie Durlesser, una bartender di Los Angeles, che lo avrebbe miscelato per la prima volta negli anni ’50; da Margarita Sames, un’esponente dell’alta società di Dallas che lo avrebbe servito nella residenza di famiglia ad Acapulco ad amici e familiari nel 1948, a Don Carlos Orozco, barman presso la Cantina di Hussong ad Ensenada, che lo avrebbe creato nel 1941 per l’ambasciatore tedesco in visita in Messico insieme alla figlia Margarita Henkel; tutti costoro si accreditano l’invenzione del Margarita.
Daisy, Margherita, Margarita
Personalmente, preferisco la versione che David Wondrich propone su Imbibe!. Secondo lo storico dei drink, attorno alla fine degli anni ’20 del XX secolo, giornalisti e viaggiatori americani di ritorno dal Messico cominciarono a parlare di un “Tequila Daisy” consumato nella città di Tijuana, poco oltre il confine statunitense.
Con la fine del Proibizionismo il drink iniziò ad essere miscelato anche negli Stati Uniti come un qualunque altro membro della famiglia dei Daisy, una sottofamiglia di Sours composta di un distillato, del succo di un agrume (negli Usa il limone, in Messico il lime) e un liquore alla frutta (spesso all’arancia) per bilanciare l’acidità del frutto del genere Citrus.
A dare conferma a questa teoria è la traduzione del termine Daisy, che in inglese significa Margherita e che in spagnolo viene tradotto con Margarita. Un’altra versione della storia propone di ricercare in un twist on classic sul famoso Sidecar (con cui condivide la struttura di base) le origini dell’abbinamento fra Tequila, Cointreau e succo di lime.
Un nome diverso
La prima menzione a stampa di un drink che richiami il Margarita è quella del 1937 presente sul Café Royal Cocktail Book di W. J. Tarling, che riporta un cocktail chiamato Picador e composto di ¼ di succo di limone o lime, ¼ di Cointreau e di ½ di Tequila.
Ritroviamo invece la prima citazione della classica bordatura di sale sul bicchiere di servizio nel 1939, nella ricetta di un Tequila Sour scritta da Charlie Connolly su un opuscolo stampato per il Cotton Club di New York.
Per un riferimento che invece contenga per la prima volta il nome Margarita bisognerà aspettare il 1953, quando il drink comparirà sulle pagine di Esquire Magazine.
La popolarità
Nel 1956 la Young’s Market, il distributore di Los Angeles che importava il marchio José Cuervo, lanciò la prima campagna pubblicitaria su scala nazionale per il distillato di agave messicano che portò alla pubblicazione di numerosi ricettari contenenti drink a base Tequila, fra cui il Margarita, che comincerà ad essere miscelato in sempre maggiori quantità.
A sancirne l’entrata definitiva nelle preferenze della clientela statunitense vi fu anche la nuova tendenza, a partire dagli anni ’60, del sorgere di numerosi ristoranti messicani negli U.S.A. in un momento di rinnovato interesse per le tradizioni culinarie straniere, che proponevano di accompagnare i piatti tipici con il consumo del cocktail.
A questo fattore si deve aggiungere l’estro e la creatività di un ristoratore di Dallas: fu infatti Mariano Martinez, nel 1971, il primo ad inserire gli ingredienti del Margarita all’interno di una macchina per la realizzazione del gelato e a servire la propria versione frozen del drink, trovata che portò ad un esponenziale moltiplicarsi del Margarita così realizzato in tutti gli States.
La canonizzazione IBA
Il Margarita è entrato far parte della lista IBA dalla codifica del 1986.
Indice
Tequila 100% agave
Per la riuscita di un perfetto bilanciamento di sapori all’interno della miscela, scordati l’utilizzo di un Tequila Mixto. L’unico Tequila utilizzabile è e deve essere un 100% Agave Azul (o Agave Azzurro, dalla tipologia della pianta da cui viene prodotto il distillato).
Il Tequila 100% Agave Azul è una acquavite floreale e fruttata, ricca ed allo stesso tempo delicata al naso. Le sue note, anche leggermente terrose, si integrano bene con la dolcezza del liquore all’arancia e vengono dolcemente declinate dall’acidità del succo di lime.
Lo zucchero nel Margarita
È possibile aggiungere una piccola quantità di sciroppo di zucchero, 5-10 ml, per conferire al tuo Margarita un corpo più morbido e rotondo.
Il bicchiere
La caratteristica coppetta a sombrero oggi è demodée e ormai un retaggio passato. Inoltre, è davvero grande! Meglio una classica coppetta.
Il sale
Per quanto riguarda il sale, la “vecchia scuola” ha sempre suggerito di bordare la coppetta solo per metà, in modo da poter bere anche dalla parte che ne sia priva.
Trovo che il sale faccia parte del drink e che spesso la crusta sia fatta male, per questo motivo preferisco servire il sale a parte, in modo da poterlo gustare insieme al drink per tutta la bevuta.
Personalmente utilizzo sale a scagliette, piacevole anche da mangiare.