Knickerbocker
Uno dei primi drink ad avere raggiunto fama internazionale: emulato, strapazzato, rivisitato e travisato, oggi purtroppo non conosciamo la ricetta originale di questo proto-Tiki, ma solo l’interpretazione di Jerry Thomas.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti con ghiaccio tritato e versa in un double rock glass ghiacciato, ricolmando di ghiaccio tritato se necessario. Infine, sprizza il twist di limone e aggiungi i frutti di bosco in decorazione.
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Indice
Un best-seller
La storiografia ci racconta che il Knickerbocker è un drink molto datato, probabilmente considerabile come il primo punch-in-solitaria della miscelazione. Le cronache riportano che, prima di comparire sull’edizione del 1862 del The Bar-Tender’s Guide di Jerry Thomas, il cocktail era presente sul menù dello Oyster Saloon di proprietà di Peter Bent Brigham, attività aperta nel 1828 nella zona della Concert Hall di Boston e già ampiamente ristrutturata nel 1842.
Prima di Brigham, le proposte elaborate dai bartender americani consistevano in circa una dozzina di drink, tutti rientranti in categorie specifiche e già standardizzate, come Cock-tails (la struttura che oggi attribuiamo all’Old Fashioned), Flips, Juleps e Slings. Come riporta David Wondrich sul suo libro Imbibe!, la grande innovazione dello Oyster Saloon fu presentare, nella propria lista dei “Refreshments”, una sezione con oltre 18 bevande miscelate, fra cui alcune “stranezze” per l’epoca, come il Tippe na Pecco, il Tip and Ty, il Fiscal Agent, il Wormwood Floater. Nel 1843 la selezione si allargò ulteriormente, fino a includere 11 tipi di Julep, 5 Cobbler e 17 “Fancy Drinks”, e fra questi ultimi il Knickerbocker. A metà del secolo, il drink di Brigham era così conosciuto da venire miscelato in tutti gli Stati Uniti comprensivi del Canada, a Londra e a Parigi, di cui abbiamo una menzione a stampa in un quotidiano del 1859.
Un cocktail perduto
Purtroppo Brigham non svelò mai gli ingredienti del proprio Knickerbocker e tutte le versioni giunteci, compresa quella di Jerry Thomas, non sono altro che reinterpretazioni di una ricetta ad oggi data per scomparsa. Ciò rende di conseguenza difficile stabilire quale delle versioni in nostro possesso si avvicini maggiormente all’originale, dato che in ricettari posteriori a quello del 1862 è possibile trovare una grande varietà di strutture diverse, realizzate con ingredienti quali Rhine wine, brandy, Porto, arrack e frutta di svariate specie. Quella che oggi viene ascritta al Knickerbocker in una sorta di accettazione universale è la versione del “Professor” Thomas, ripresa e largamente analizzata proprio da David Wondrich sul suo libro del 2005.
L’etimologia
Il nome del drink rimanda alle origini olandesi dei primi insediamenti europei sul continente nordamericano (inizialmente New York venne fondata con il nome di New Amsterdam), specialmente al cognome di alcuni coloni che per primi arrivarono sull’East Coast o, come alcuni storici consigliano, ai pantaloni ad altezza ginocchio vestiti dai primi europei giunti in quelle zone. Con il tempo, grazie ad alcune opere letterarie e alla tradizione orale, il termine è andato ad indicare tutto ciò che ha un legame ancestrale e indissolubile con la città di New York e con i suoi primi abitanti, tanto da significare “strettamente genuino” della Grande Mela.
La struttura
Il Knickerbocker nella storia della miscelazione è un drink veramente interessante. È probabilmente la prima ricetta a stampa di un drink preparato, shakerato e servito con ghiaccio tritato (“shaved ice” e “fine shaved ice” nelle versioni di Jerry Thomas e di Harry Johnson). Inoltre, per la propria struttura fatta di rum, succo di lime, liquore all’arancia e sciroppo aromatizzato, David Wondrich lo considera come il progenitore spirituale dei drink Tiki, ed effettivamente, a farci caso, le tipologie degli ingredienti utilizzati ricordano quelli del Mai Tai di Trader Vic.
È un drink fresco, aromatico, con una bella sensazione di corposità giocata sulle note del liquore all’arancia e la rotondità del rum tipico delle ex colonie britanniche.
A dovere di cronaca, storicamente si sono evolute differenti versioni del Knickerbocker: “À la Monsieur” (la ricetta che ti riporto più in basso); “À la Madame”, totalmente differente e composto di Sherry o Madeira, “lemon water” (?) e soda; e “Knickerbocker Special“, realizzato con rum, succo di limone e arancia, curacao, sciroppo di lamponi e pezzi di ananas pestati.
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Quale rum delle Isole Vergini?
Per dipanare questa questione ho chiesto aiuto al più grande esperto sull’utilizzo del rum in miscelazione che io conosca, ovvero Gianni Zottola. Se infatti non possiedi nella tua bottigliera un’etichetta di rum virginiano, non preoccuparti: il suo sostituto è molto più facile da reperire. Gianni, infatti, mi ha consigliato l’utilizzo in purezza di un rum delle Barbados (Doorly’s e Fousquare i più indicati, soprattutto con qualche anno di invecchiamento) o un giamaicano un po’ “smorzato” (da escludere quindi Smith & Cross o Wray & Nephew). Qualora invece volessi creare un personale blend, le tue preferenze detteranno la strada che intendi percorrere.