
Gin Zen
Può un’esperienza negativa trasformarsi nell’occasione per creare un drink iconico? Si, se ti chiami Edoardo Nono e tiri fuori dal cilindro il Gin Zen.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Pesta lo zenzero fresco e lo zucchero di canna integrale sul fondo del bicchiere. Aggiungi il succo di lime, il lime cordial, il gin e riempi il bicchiere di ghiaccio tritato. Colma con uno splash di soda. Infine, miscela dall’alto verso il basso con il barspoon e decora con una rondella di lime.
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Milano da bere responsabilmente
Se c’è qualcosa per cui devo ringraziare Drinking.me è che mi ha dato la possibilità di conoscere in maniera più intima una nutrita schiera di professionisti del settore che apprezzavo di già sotto il punto di vista lavorativo, e che mi sono ritrovato a stimare in maniera ancora maggiore per le loro qualità umane. Era già successo con Peppe Doria ed il suo Amore Amaro, ed è avvenuto nuovamente quando ho chiesto a Edoardo Nono di raccontarmi la nascita del suo drink più iconico, il Gin Zen.
“Era il 1998, Fede”, ha esordito Edoardo, con la sua cadenza milanese a metà strada tra la parlata dell’uomo d’affari meneghino e come io immagino la voce di Lazzaro Santandrea, l’alter ego romanzesco del giornalista e scrittore di noir Andrea G. Pinketts.
“È una storia divertente”, ha continuato, ma più proseguiva nel suo racconto più io mi rendevo conto che non si trattava solo di una storiella, ma di un bellissimo insegnamento. Andiamo per gradi.
I “no” che aiutano a crescere
Era davvero il 1998, ed un ventinovenne Edoardo Nono si ritrova a lavorare dietro al bancone di un locale di Milano per una serata di prova, finalizzata ad una collaborazione continuativa qualora il servizio si fosse svolto senza intoppi. Nella lista drink del locale è presente un twist sulla Caipirinha molto richiesta dalla clientela e realizzata con un ingrediente all’epoca ancora considerato esotico, sdoganato in quegli anni dai primi ristoranti di sushi che aprirono nel capoluogo lombardo: lo zenzero. Le comande fioccano ed Edoardo comincia a chiedersi incuriosito cosa spinga i frequentatori ad ordinare quel drink in maniera così assidua. Se ne prepara uno, lo assaggia, non gli dispiace, ma l’amarezza data dal lime pestato, la scarsa aromaticità dello zucchero di canna grezzo e la nota vegetale del distillato brasiliano non lo entusiasmano particolarmente, per quanto ritenga interessante l’apporto del nuovo ingrediente alla caipirinha.
La serata si conclude senza particolari problemi e da lì a qualche giorno arriva la risposta del proprietario del locale sul futuro di Edoardo. “Ho deciso di non assumerti per via della tua età: sei eccessivamente in là dal punto di vista anagrafico, e 29 anni sono un’età caratterizzata da un’ansia esistenziale decisamente fuori target con l’idea che ho per il mio locale”. Qualunque cosa volesse dire il proprietario, Edoardo accetta senza fare polemica, raccoglie le sue cose e si avventura per altri lidi. Ma si porta via da quest’esperienza un’idea che svilupperà negli anni a seguire: l’utilizzo dello zenzero in miscelazione.
La via tracciata
Il seme è ormai piantato e comincia a germogliare nella mente di Edoardo. La Caipirinha allo zenzero non era una brutta idea, ma qualcosa andava modificato. Così iniziano anni di studio e sperimentazione. Innanzitutto, scopre che zenzero e zucchero di canna integrale costituiscono un pairing interessante, con il gusto di melassa e la nota delicatamente amara del secondo che si bilancia alla perfezione con la pungente e balsamica freschezza del rizoma asiatico. L’umidità residua dello zucchero integrale, inoltre, aiuta a ridurre in una poltiglia facilmente miscelabile lo zenzero, che rimaneva troppo fibroso nella versione originale del drink. Decide di sostituire il lime pestato con il succo fresco dell’agrume per mitigare l’acre apporto dell’albedo schiacciato, e per non perdere troppo il contributo aromatico conferito dalla scorza del frutto decide di implementare alla ricetta l’utilizzo del Rose’s Lime Cordial. “Questo trucco l’ho preso da Charles Schumann!” mi ha confessato Edoardo, che si è sempre dichiarato un grande estimatore del bartender tedesco e della sua miscelazione tropicale, messa per iscritto nel libro Tropical Bar Book del 1989.
Due aggiunte hanno contribuito a plasmare il Gin Zen per come lo conosciamo oggi: il ghiaccio tritato e un piccolo splash di soda nel finale. Il primo permette al drink di stratificarsi, facendo sedimentare zenzero pestato e zucchero di canna integrale a differenti altezze lungo tutto il corpo del bicchiere, rendendolo uniforme dal primo all’ultimo sorso, senza che la parte solida pestata ricada inesorabilmente sul fondo. L’aggiunta di soda nel finale, invece, con la sua frizzantezza, aiuta a spingere ancora di più la vulcanica complessità del drink, donando una sensazione di freschezza ancora maggiore alla bevuta.
A tutto Gin!
La Cachaça però non funzionava come Edoardo avrebbe voluto. Troppo vegetali i suoi sentori, troppo ruvida al palato, come se rappresentasse un ostacolo per l’aromaticità citrica e floreale dello zenzero. “Fede, con lo zenzero giochi di contrasto o di somiglianza” mi ha confessato il proprietario del Rita’s, che nell’antagonismo con la botanica secchezza del London Dry gin ha trovato la spalla giusta da affiancare alla carnosa spezia.
Quello che mi ha sempre colpito del Gin Zen è la scelta ante litteram del suo creatore. Ti ricordo che siamo nel 1998, una decina di anni prima che la Cocktail Renaissance e la miscelazione pre-Proibizionista arrivasse in Italia per merito dei 4 ragazzi romani del Jerry Thomas Project. Utilizzare il gin, specialmente il London Dry gin, era in completa controtendenza con quello che all’epoca era il mercato internazionale degli spirits. Infatti, a dominare i trend mondiali del periodo erano soprattutto altri distillati, come la Vodka e il Rum. Solo un altro bartender di fama planetaria ha anticipato Edoardo Nono nella riscoperta dell’acquavite inglese: fu Dick Bradsell a ricominciare a proporre il gin alla propria clientela, utilizzandolo nella ricetta del Bramble, ideato fra la fine degli anni ’80 e l’’inizio del decennio successivo. Un’intuizione che verrà definitivamente sdoganata a partire dal Nuovo Millennio, quando le creazioni di Audrey Saunders, come il Gin Gin Mule e l’Earl Grey MarTeaNi, inizieranno a prendere forma e a rilanciare l’utilizzo del distillato in miscelazione, fino alla Gin Tonic mania degli ultimi anni.
Il Best Seller del Rita’s
Ma qual è stato l’impatto del Gin Zen sulla miscelazione italiana? Direi, senza esagerare, che fu enorme. Solo per darti un’idea più concreta, ecco qualche numero. Il Rita’s è aperto dal dicembre 2002 ed il Gin Zen è presente sulla carta drink dal primo giorno. Prendendo solamente gli ultimi 15 anni di attività, quelli in cui la tecnologia è venuta in maggior aiuto alla gestione e all’analisi delle ordinazioni, Edoardo mi ha confessato che il suo locale miscela in media 300 drink al giorno, il 20% dei quali sono Gin Zen (circa una sessantina al dì, dunque). Il Rita’s è aperto circa 300 giorni sui 365 del calendario. Trecento giorni per 60 fa 18.000 Gin Zen in un anno, che moltiplicati per 15 anni di attività, considerando anche le collaborazioni estive, le guest, fiere di settore, eventi e i seminari, fanno circa 300.000 Gin Zen realizzati fino ad oggi. Una cifra da best seller, vero?
Indice
Sciroppo o Cordial?
La ricetta del Rita’s prevede l’utilizzo di un lime cordial, ma se vuoi provarlo a fare con lo sciroppo di lime probabilmente riuscirai a conferire un maggior sentore aromatico di oli essenziali della scorza dell’agrume.