
Brandy Daisy (Jerry Thomas, 1876)
Per lungo tempo, i Daisy sono stati una famiglia dai connotati incerti. Cerco di rendergli dignità ed autorevolezza, in onore all’importanza che ha avuto nello sviluppo di drink oggi imprescindibili, come il Sidecar ed il Margarita.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti, ad eccezione della soda, e filtra in una coppetta ghiacciata. Colma con una spruzzata di soda. Infine, sprizza il twist di limone.
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Frank e Fred
La famiglia dei Daisy rappresenta come spesso accade nella storia della miscelazione un punto di arrivo ed allo stesso uno di partenza. Di arrivo perché il termine Daisy venne utilizzato per identificare una famiglia di drink, a tratti nebulosa (bisogna ammetterlo), che così finalmente poté vantare una catalogazione all’interno dell’universo delle bevande miscelate.
Secondo le cronache più accreditate del tempo, come spiega David Wondrich nel suo libro Imbibe!, è il 7 luglio del 1873 che possiamo considerare come la data di nascita del Daisy: quel giorno un certo Billy Taylor varcò la soglia del locale di fianco al New York Stock Exchange, di proprietà di Fred Eberlin (in precedenza Head Bartender dell’Hoffman House Bar), e chiese al barman Frank Haas di preparargli qualcosa di nuovo da sorseggiare per combattere la calura della giornata. Pochi minuti dopo, al primo assaggio effettuato dal bicchiere, Billy Taylor esclamò: “By George, that’s a daisy!”.
Old School
Nel 1883 sulle colonne del New York Journal compare un articolo in cui viene citato un drink molto popolare al tempo, nato pochi anni prima, il Whiskey Daisy, che, come viene riportato sul giornale, “…it is made something like the whiskey sour, with the addition of seltzer”. Questa prima menzione a stampa è decisamente in linea con quella che compare sul The Bar-Tenders’ Guide di Jerry Thomas nell’edizione del 1876, dove però, in aggiunta ai componenti necessari per creare un whiskey sour realizzato con l’aggiunta di soda, riscontriamo per la prima volta quello che diventerà l’ingrediente peculiare degli “Old School” Daisy, ovvero un cordial (o liquore) all’arancia.
Nell’edizione del 1888 del New and Improved Bartender’s Manual di Harry Johnson troviamo l’utilizzo di uno “squirt” di soda volto a disciogliere ed amalgamare meglio insieme lo zucchero e il succo di limone, e la sostituzione del liquore all’arancia con la Chartreuse gialla. Ciò è testimonianza di come l’aspetto aromatico dei drink della famiglia Daisy comincerà a fare leva sempre di più su tutta la categoria dei liquori, piuttosto che limitarsi a quelli a base frutta/agrumi.
New School
Il drink evolverà nuovamente nell’ultimo decennio del XIX secolo (andando a formare la “new school” Daisy), quando compariranno ricette riportanti l’utilizzo di sciroppo di lamponi o granatina (quest’ultima da tenere presente per le sue implicazioni future). Comunque siano nate e successivamente si siano evolute le due differenti versioni, sappiamo con certezza che entrambe erano miscelate dai bartender americani nel periodo appena precedente all’entrata in vigore del Proibizionismo.
Margarita e Tequila Sunrise
Ma come detto all’inizio, i Daisy sono anche un punto di partenza. E proprio da loro dobbiamo partire per ritrovare le informazioni storiche di due drink che sono molto importanti per la storia della miscelazione: il Tequila Sunrise e il Margarita.
L’Agua Caliente
È il 1929 quando nei pressi di Tijuana viene ampliato l’Agua Caliente Casino and Hotel, fondato l’anno precedente. Fin dalla sua inaugurazione la struttura, a sole 18 miglia in direzione sud dall’aeroporto di Denver, diventa meta di pellegrinaggio per le stelle del Jet Set statunitense in fuga dal Proibizionismo. Charlie Chaplin, Clark Gable e Marlene Dietrich sono solo alcuni dei volti del cinema hollywoodiano che tra le 18 buche del campo da golf, la piscina olimpionica, vari centri benessere, circuiti di corse per cavalli e levrieri, e giardini dalla lussureggiante varietà tropicale, si concedono la libertà di sorseggiare alcolici mentre giocano d’azzardo al casinò. Al drink della casa viene dato il nome di Sunrise Tequila: la ricetta prevedeva Tequila, succo di lime, soda, Crème de Cassis e granatina.
Un “new school” Daisy, insomma. Certo, la struttura non richiama quella che oggi ascriviamo al Tequila Sunrise, ma alcune similitudini sono molto interessanti.
Il Tequila Daisy
Nel 1936, qualche anno dopo l’abrogazione del Volsted Act, si comincia a sentire parlare nella città di New York, e da lì a breve in tutti gli Stati Uniti, di un drink importato dal Messico, a cui giornalisti e viaggiatori dedicano commenti entusiastici, riferendosi alla bevanda miscelata con il nome di “Tequila Daisy”.
Purtroppo, ad oggi non è stata ancora ritrovata la ricetta che permetterebbe di delineare con certezza quale drink calamitò l’attenzione dei propri contemporanei, ma se fosse un “Tequila Daisy” nella sua versione “old school”, si tratterebbe di una miscela di tequila, liquore all’arancia e succo di lime (molto più comune in Messico del limone), quindi di un Margarita, il cui nome, per dovere di cronaca, è la traduzione in spagnolo del termine inglese daisy (margherita, appunto).
Ad accreditare questa ipotesi vi è una possibile connessione con la prima testimonianza storica su un ricettario della struttura tequila/liquore all’arancia/lime: risale al 1937 e all’opera di William Tarling, il Café Royal Cocktail Book, la ricetta del Picador, quella che oggi viene considerata la prima menzione a stampa del Margarita.
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La versione di Thomas
La ricetta riportata è quella che possiamo ascrivere alla categoria “old school” Daisy, nella sua versione a base brandy come scritta sul The Bar-Tender’s Guide del 1876 di Jerry Thomas, con l’acqua frizzante a donare una lieve nota effervescente sul finale. Harry Johnson, invece, utilizzava la soda per stemperare e amalgamare più facilmente il succo di limone e lo zucchero prima di aggiungere gli ingredienti alcolici.
Vecchie usanze
Negli antichi ricettari si consigliava di variare il cordial (o liquore) adattandolo al distillato che si vuole scegliere come base alcolica. In particolare, si preferiva utilizzare il Maraschino con il gin o con il rum. Il Whiskey Daisy era solitamente miscelato senza nessuna aggiunta di cordial o liquore, tranne che su libro di Harry Johnson, che consigliava l’utilizzo quasi esclusivo della Chartreuse gialla.