Mojito Caballito
Da locanda di infimo ordine, a locale più frequentato di tutta La Habana. La storia dello Sloppy Joe’s, patria del Mojito Caballito.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Direttamente nel bicchiere di servizio, mescola lo zucchero e il succo di lime. Questa operazione è importante in questa fase perché lo zucchero non si scioglie bene in alcol. Aggiungi la menta, il Rum ed il Vermouth e miscela cercando di massaggiare e strofinare le foglie contro le pareti del bicchiere. La menta si lavora col Rum perché i suoi olii essenziali sono solubili in alcol, estraendo al meglio il suo aroma. Aggiungi ora il ghiaccio a cubi, la soda ben fredda e miscela ancora. Infine, decora con un ciuffo di menta.
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La storia dello Sloppy Joe’s
Uno delle quattro tipologie di Mojito serviti allo Sloppy Joe’s Havana Bar, il più americano di tutti gli american bar della Capitale Cubana, dove il Vermouth dry dona una interessantissima nota secca e ossidata.
Ad aprire la bodega fu José Abeal Y Otero, un emigrato galiziano che arriverà a Cuba per cercare lavoro nel 1904. Dopo tre anni, si trasferisce a New Orleans, dove affina le sue doti di bartender, e successivamente a Miami, per poi fare ritorno sull’Isola Caraibica nel 1917. In quell’anno acquista La Victoria, un negozio di alimenti e bevande alcoliche dai connotati fatiscenti, con la segatura sul pavimento e le cassette di legna al posto delle sedie. Sembrava che la vita di José dovesse passare nell’indifferenza più assoluta e nella gestione della propria bodega sull’angolo della strada con il Seville – Biltimore Hotel, ma il destino aveva in mente degli altri piani per lui.
“Joe lo Sciatto”
Nel 1917, l’ex star dei Baltimore Prioles, il lanciatore John J. McGraw, ora manager dei New York Giants, reduci del successo nel campionato di quell’anno, si ritrovò a passare un lungo periodo insieme alla moglie Blanche a L’Avana. Oltre all’American Club, iniziò a frequentare il locale di José, rimanendo affascinato, e allo stesso tempo incredulo, dalle condizioni in cui versava il posto, tanto che cominciò ad appellarlo coi nomignoli di Dirty Joe e, successivamente, “Sloppy Joe“, dall’aggettivo inglese che in italiano può essere tradotto con “sciatto”. Il nuovo nomignolo inizia a prendere piede tra i turisti americani di passaggio sull’Isola, che, una volta tornati in patria, diffondono presso le loro conoscenze l’esperienza che hanno avuto fra le mura de La Victoria.
“E’ questo lo Sloppy Joe’s?”
La voce circola sempre di più, fino a quando José comincia a sentirsi chiedere dai clienti transitanti davanti il proprio bar “E’ questo lo Sloppy Joe?”. Inizialmente infuriato dall’appellativo affibbiatogli, con l’andare del tempo e l’aumentare degli incassi decide di cambiare il nome della sua bodega e di chiamarla definitivamente Sloppy Joe’s Havana Bar.
Il Volstead Act
All’arrivo del Proibizionismo avviene l’impensabile. Intere masse di turisti americani, giornalmente scaricate dai battelli a vapore che fanno la spola fra la Florida e Cuba, iniziano a riversarsi nel locale in cerca di quei drink che non possono più consumare in patria. La mole di lavoro aumenta così tanto che José dovrà attrezzarsi di un nuovo e numeroso esercito di collaboratori (arriverà ad undici il numero di bartender presenti nel suo libro paga) e deciderà di tenere aperto lo Sloppy Joe’s 24 ore su 24, eliminando la porta d’ingresso ed i vetri alle finestre per dare l’impressione di essere direttamente riversato sulla strada, dove uno stuolo di lustrascarpe, venditori ambulanti di cravatte, tassisti privi di licenza e poliziotti in uniforme (per assicurare l’ordine pubblico) si davano il cambio senza posa. Una band di tre componenti suonava la rumba e i drink venivano shakerati senza sosta, a volte in parisienne della capienza di 1 gallone (quasi quattro litri) per preparare fino a 15 drink alla volta.
L’apice e il declino
Il passaparola continuo di cui si fa un gran parlare negli Stati Uniti dello Sloppy Joe’s Havana Bar è senza sosta e rende il locale il punto di ritrovo principale dei turisti statunitensi assetati, che spesso arrivano in porto, si fanno trasportare subito al bancone di José per poi riprendere la nave verso casa la sera stessa senza avere visto nient’altro della città cubana. Neanche la fine del Proibizionismo avrà un impatto negativo sul locale, che anzi per tutti gli anni ’40 e ’50 vedrà un susseguirsi continuo di famosi elementi del jet set americano, per cui José creerà un innumerevole quantitativo di cocktail onorandoli con il nome della star di turno. Solo l’inizio della dittatura castrista nel 1959 porrà fine al via vai di turisti americani, condannando il locale alla chiusura e all’oblio.
Jai-Alai
Un drink molto simile è presente sul ricettario-opuscolo del Bar La Florida, di proprietà di Constantino Ribalaigua: si tratta del Jai-Alai, in cui il succo dell’agrume è sostituito da qualche dash di Amer-Picòn (Liquore amaro all’arancia francese), mantenendo integro il connubio fra menta, Gin e Vermouth, addolciti dall’apporto dello zucchero e rendendo il tutto maggiormente più fresco con l’aggiunta della soda.
Indice
Stesse attenzioni del Mojito
Pestare la menta porta a otterrete un sapore amaro ed un brutto effetti visivo.
In termini di sapore, utilizzare lo zucchero di barbabietola o quello di canna bianco dà lo stesso risultato. Lo zucchero di canna grezzo, invece, farà diventare giallo il vostro drink, non si scioglierà completamente e rischia di coprire il sapore delicato della menta e l’acidità del lime. Puoi anche scegliere di utilizzare direttamente lo sciroppo di zucchero, nessun problema!
Non si utilizza il ghiaccio tritato ma quello a cubetti. Questo perché il ghiaccio tritato diluisce di più un drink che non ha bisogno di essere diluito ulteriormente e perché sgasa prima la soda.