
Red Snapper
Il Bloody Mary dalla Francia attraversa l'Atlantico, cambiando nome e distillato di base per venire incontro alle preferenze della sua nuova clientela.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti analcolici in un Mixing Glass freddo senza ghiaccio e amalgama col bar spoon: in questo modo le spezie si scioglieranno meglio che a contatto con l’alcol. Versa ora il gin, aggiungi il ghiaccio e miscela (non troppo!) gli ingredienti. Filtra in un Higball glass freddo colmo di ghiaccio. Infine, decora con una rondella di limone.
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Indice
Evoluzioni che fanno la Storia
La storia del Red Snapper è il racconto di un’evoluzione legata alla sensibilità del contesto sociale in cui il drink venne servito, ma che ha anche saputo ritagliarsi un posto nel mondo della miscelazione come alternativa elegante al suo cugino molto più celebre: il Bloody Mary. Mentre il Bloody Mary è un’icona globale, il Red Snapper è il suo gemello sofisticato, con una storia che lo lega a uno dei più famosi hotel di New York.
Le Origini
Come già raccontato nella scheda dedicata al Bloody Mary, si deve a Fernand Petiot, bartender parigino in servizio all’Harry’s New York Bar di Parigi di proprietà di Harry MacElhone, non tanto l’ideazione della ricetta, ma la popolarizzazione del drink. Studi recenti, come quelli conferiti sul The Oxford Companion top Spirits & Cocktail di David Wondrich del 2021, hanno confermato che lo stesso Petiot, in un’intervista del 1964, ammise che il suo contributo alla struttura del Bloody Mary fu l’aggiunta della speziatura che ha standardizzato la ricetta per come la conosciamo oggi, mentre l’unione di vodka e succo di pomodoro sarebbe da attribuire alla figura di George Jessel, attore statunitense.
Con la fine del Proibizionismo (1919-1933) negli Stati Uniti, Fernand Petiot nel 1934 venne contattato dalla direzione del St. Regis Hotel di New York per ricoprire la carica di barmanager del bar dell’albergo, il King Cole Bar. Ma appena sbarcato sul suolo americano si trovò davanti a due “problemi” che non aveva considerato.
Problemi e soluzioni
Il primo di questi problemi riguardava lo status sociale della nuova clientela con cui Petiot doveva interfacciarsi: se nella Capitale francese il bartender era solito servire artisti espatriati (come Ernest Hemingway, Francis Scott Fitzgerald e Humphrey Bogart), boulevardiers parigini (termine con cui si indica chi trascorre le giornate in ozio a passeggiare per i grandi viali della Città e che ha dato il nome anche al famoso drink Boulevardier) e avventori di tutti i ceti sociali, le cose al St. Regis Hotel erano molte diverse.
L’albergo, infatti, si presentava come uno dei più apprezzati punti di ritrovo dell’alta borghesia newyorkese, spesso formatasi in prestigiose scuole puritane e intrisa della non celata volontà di differenziarsi il più possibile dalle classi sociali inferiori. In un contesto del genere, un drink il cui nome facesse esplicito riferimento al sangue (Bloody Mary) non poteva di sicuro avere successo. Petiot, allora, decise di cambiarlo in Red Snapper, prendendolo in prestito da quello del dentice (red snapper, appunto, in inglese), un pesce dal coloro rosso vivo molto apprezzato dalla clientela dell’albergo, che lo trovava preparato con grande maestria fra le proposte del menù del ristorante.
Il distillato sconosciuto
Il secondo problema era più di ordine logistico, invece. Per farla breve: la vodka non era reperibile sul mercato statunitense nel 1934. Il perché è molto semplice. Il distillato di origine russa comincia a guadagnare un pochino di spazio nel mercato europeo intorno agli anni ’20 del Novecento, quando alcuni facoltosi personaggi in fuga dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917 cominciano ad avviarne la produzione anche sul Vecchio Continente.
Prima di quella data, la vodka rimaneva un prodotto fortemente radicato al suo territorio d’origine, che veniva in qualche occasione barattato con altri prodotti importati in Russia o omaggiato come curiosità alcolica. Ma nel momento in cui la vodka comincia finalmente a prendere piede in Europa, dall’altra parte dell’Atlantico entra in vigore il Volstead Act (1919) che sancisce l’illegalità delle bevande alcoliche negli Stati Uniti. A dimostrazione della sconosciuta esistenza della vodka negli U.s.a., ti basti sapere che uno degli ultimi ricettari di miscelazione pubblicati in America prima del Proibizionismo, il Recipes for Mixed Drinks del 1917 di Hugo Ennslin, non presenta nessuna ricetta contenente il distillato russo.
Petiot si trovò quindi dell’impossibilità di realizzare il Bloody Mary come lo preparava a Parigi e decise di sostituire la vodka con un distillato molto apprezzato dalla clientela americana: il Gin. Una sostituzione decretata dalle necessità che ha portato alla nascita della struttura del Red Snapper per come lo misceliamo oggi, un drink che io reputo addirittura superiore per piacevolezza e per complessità aromatica al suo cugino più celebre. Il gin, con i suoi sentori botanici, il suo carattere secco e le sue note di ginepro, si sposa infatti perfettamente con il succo di pomodoro e la complessità delle spezie, donando alla bocca una bevuta molto più intensa e sfaccettata di quella del Bloody Mary.
Indice
La diluizione del Red Snapper
Qui la diluzione del ghiaccio gioca una ruolo fondamentale, perché se il succo di pomodoro è troppo annacquato il cocktail perde corpo e sapore. Attenzione quindi a ragionare sulla tecnica che deciderai di utilizzare.
Tecnica Stir e versare il cocktail su un chunk di ghiaccio per limitare la diluizione secondaria è la cosa migliore, a patto che la diluzione della stirrata sia minima.
Ottima anche la tecnica Build, ma meglio utilizzare un chunk di ghiaccio. Se utilizzi dei cubetti, invece, il cocktail si annacquerà ancora più velocemente.
La tecnica Throwing consiste nel “lanciare” un drink tra le due parti di un Boston (una riempita di ghiaccio trattenuto con uno straniero) un numero indefinito di volte al fine di raffreddarlo. Sii consapevole che questa operazione non aggiunge nulla alla texture del drink, se non un po’ di coreografia, quindi è la stessa cosa della tecnica Stir. Personalmente non considero neanche la tecnica Throwing una vera e propria tecnica a sè, ma se la coreografia ti aiuta a vendere più Bloody Mary, allora perchè non considerarla.
Assolutamente, infine, da evitare la tecnica Shake. Non si fa, cartellino rosso. Altrimenti rischi di “ammazzare” il succo di pomodoro.
Il Gin
Personalmente trovo che questa miscela lavori benissimo con una quantità di distillato di 30-40 ml. Il London Dry gin funziona alla grande, ma niente ti vieta di sperimentare con uno di quei gin contemporanei caratterizzati da botaniche originali e/o stravaganti.
Quale succo di pomodoro per il Red Snapper?
I succhi confezionati di qualità vanno più che bene. Consiglio quello di Naty’s. Estratti freschi non hanno corpo e sapore a sufficienza. Evita invece, come a volte sento dire, di utilizzare passate di pomodoro, che al contrario sono “troppo”.
La sala Worchesteshire e il Red Snapper
Non so se lo hai notato, ma nella mia ricetta utilizzo ben 10 ml di salsa Worchesterschire, mentre in quasi tutti i ricettari si parla sempre di 2-3 gocce. Trovo che l’abbondare con questo ingrediente renda il Red Snapper particolarmente interessante, ma sei libero di smentirmi! Questo trucchetto me lo ha insegnato il mio collega Massimo D’Addezio, (tra l’altro docente del corso di Bar Management di Drink Factory), quando nel suo ex locale CO.SO a Roma proponeva una sorta di Hamburgher Bloody Mary.