Brandy Alexander (Panama)
Il cocktail dessert per eccellenza. Un solo nome, molte ricette. Facciamo chiarezza.
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Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una piccola coppetta ghiacciata. Infine, grattugia in cima un po’ di noce moscata.
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La storia del Cocktail Alexander: Brandy o Gin?
Ecco un drink la cui evoluzione, da seguire nel proprio sviluppo temporale, può facilmente far perdere il filo del discorso. Se oggi questo cocktail è riconosciuto da tutti come l’unione di Brandy, Crema di cacao e panna, prima di arrivare alla sua forma finale si incontrano nella storia anche divese ricette a base Gin. Speriamo che questa sia la volta buona, seguimi!
Bach-Chor-Club e Alexander Cocktail
La prima volta che un Alexander Cocktail compare in un ricettario è il 1910: il drink è presente sul Jack’s Manual di J. A. Grohusko, che ne riporta una versione per noi totalmente originale e curiosa: ¾ rye whiskey e ¼ D.O.M. Bénédictine, miscelato con tecnica stir e servito con un twist di scorza di arancia. La stessa ricetta sarà ripresa da Jacques Straub nel 1913 sul suo Straub’s Manual Of Mixed Drinks. Queste versioni non ci interessano, avanti un altro!
Sempre nel 1913 viene dato alle stampe il Lexicon der Getranke, un ricettario in lingua tedesca scritto da John Leybold e Hans Schonfeld, in cui compare il Bach-Chor-Club, un drink composto da metà Crema di cacao e la restante metà equamente suddivisa fra Brandy e panna. Ci stiamo avvicinando sempre di più!
L’arrivo del Gin
Come ha scoperto Lucio Tucci, grande appassionato ed esperto delle storia dei cocktail (e autore del libro L’ora dell’Americano), la prima traccia scritta di un Alexander Cocktail a base Gin è del 1914: si tratta del New bartender’s guide – How To Mix Drinks (1914) / The Up-To-Date Bartenders’ Guide (1913) – 2 Books In One di Charles S. Mahoney & Harry Montague. Qui possiamo trovare il cocktail di Montague composto da Gin, Crema di cacao e Panna in parti uguali.
L’altra apparizione famosa in un ricettario di cocktail è invece quelle del 1917, dove l’imperituro e sempre prolifico contenitore da cui attingere (soprattutto per colui che alla fine dirà l’ultima su questo drink e su molti altri, ovvero Harry Craddock del Savoy Hotel di Londra) Recipes For Mixed Drinks di Hugo Ensslin riporta la ricetta di un Alexander Cocktail composto in parti uguali (1/3 ciascuno) di Gin, Crema di cacao e Sweet cream, shakerato. Nella stessa opera compare un cocktail praticamente identico: lo Stonewell Jasckson. In verità ti dico che di quel libro ho sempre e solo trovato la seconda edizione del 1917; la prima del 1916 non la ho mai vista e non escludo che quei cocktail siamo già lì presenti, ma stiamo nerdizzando.
Nel primissimi anni ’20 del Novecento un drink con le stesse proporzioni e la medesima realizzazione dei primi Alexander Cocktail a base Gin compare in Europa con un altro nome: il Princess Mary Cocktail. Ad auto-accreditarselo nel proprio libro del 1923, l’Harry of Ciro’s ABC of Mixing Cocktails fu Harry MacElhone, all’epoca ancora impiegato presso il Ciro’s di Londra. Qualche anno dopo prenderà in mano le redini del Harry’s New York Bar di Parigi, rendendolo quella fucina di grandi classici della miscelazione che pochi altri locali nel corso della storia possono vantare di essere stati. L’occasione per la creazione del Princess Mary è qualcosa di “regale”: il matrimonio fra la Principessa Mary, contessa di Harewood, ed il Visconte di Lascelles, Henry George Charles.
Il Brandy
La prima ricetta scritta che conosciamo che riporta il l’unione tra Brandy, Crema di cacao e panna (in parti uguali) è il Panana Cocktail sul libro Cock-Tology di Count Benvenito Martini. Siamo nel 1916.
Tra i ricettari più “famosi” ad avere riportato la ricetta di un Alexander Cocktail a base Brandy abbiamo quello di Piero Grandi, Cocktails, del 1927.
Arriva Harry Craddock
A fare chiarezza (o ancora confusione) nel marasma di nomi e formule sarà, come precedentemente anticipato, Harry Craddock nel suo The Savoy Cocktail Book del 1930. Nel libro del bartender inglese, infatti, compaiono diverse ricette e riferimenti all’Alexander dove le quantità sono indicate in parti.
Alexander Cocktail N.1, 1/2 Dry Gin, 1/4 Crème de cacao, 1/4 Sweet cream
Princess Mary Cocktail, 1/3 Creme de Cacao, 1/3 Sweet Cream 1/3 Gin
Alexander Cocktail N.2, 1/3 Crema di cacao, 1/3 Brandy, 1/3 Fresh Cream (uguale al Panama)
Alexander’s Sister Cocktail, 1/3 Gin, 1/3 Cream e 1/3 Crème de Menthe
Panama, 1/3 Crèma de cacao, 1/3 Sweet Cream, 1/3 Brandy (uguale all’Alexander Cocktai N.2)
Anche Embury dice la sua
Nel 1948 David Embury sul suo The Fine Art Of Mixing Drinks riporta la ricetta dell’Alexander descrivendola composta di 2/3 di Gin e la restante parte ripartita fra crema di cacao e “sweet cream”, andando ad ingentilire e smorzare l’impatto edulcorante della panna e del liquore, rendendo il drink molto moderno e più affine a gusti a noi contemporanei. L’autore conclude aggiungendo che, qualora si volesse utilizzare il Brandy in sostituzione del Gin, questo dovrebbe essere chiamato Brandy Alexander o Panama.
Il Racquet Club
Come riportato dal rotocalco Inquirer, la paternità del cocktail sarebbe invece da attribuire al Capo Barman (di cui tutt’oggi ignoriamo il nome) del Racquet Club di Philadelphia, che elaborò la ricetta in onore di Grover Cleveland Alexander, la stella della squadra cittadina di baseball che nel 1915 disputò le World’s Series venendo sconfitta dalla formazione di Boston.
Questa sembra essere una delle molte leggende dietro al nome dell’Alexander anche se, come abbiamo visto all’inizio, drink col medesimo appellativo venivano miscelati ben prima che la leggenda sportiva G. C. Alexander entrasse nella storia di quello sport, guadagnandosi nel 1938 anche un posto nella Baseball Hall Of Fame.
La prima testimonial cartacea della Storia
Un’altra teoria particolarmente curiosa vedrebbe nella figura del ristoratore Tony Alexander una possibile connessione con il cocktail: quest’ultimo, bar manager del Rector’s Restaurant di New York dal 1904 al 1913, avrebbe gestito l’organizzazione di una cena-evento per la compagnia “Delaware, Lackawanna and Western Railroad”. La serata era dedicata al personaggio fittizio di Phoebe Snow, la prima testimonial commerciale di pura fantasia nata per sponsorizzare la linea ferroviaria dell’azienda con propulsione ad antracite.
A differenza del carbone, il nuovo combustibile non impattava sull’outfit dei viaggiatori sporcandone gli abiti con la fuliggine della caldaia o lasciando sui loro vestiti odore di bruciato, permettendo alla giovane Phoebe di viaggiare da Buffalo a New York in un immacolato completo bianco. Il candore della Signorina Snow fu l’idea che Tony sembra volesse portare all’interno del cocktail creato per l’evento nella struttura presso cui prestava servizio, utilizzando la panna come elemento cromatico.
La canonizzazione IBA del Brandy Alexander
Dal 1961 è apparso in tutte le codifiche della lista IBA, curiosamente sempre nella versione a base Brandy o Cognac, che con il tempo sembra essere diventata la ricetta più canonica e apprezzata. Dolce, cremoso, fresco e perfettamente bilanciato, l’Alexander è oggi il più conosciuto fra i Cocktail Desserts, una piccola famiglia di miscelati che riscuote approvazione nel suo consumo a fine pasto, per concludere in maniera dolce pranzo o cena che sia.
Ricapitolando
Brandy Alexander (o Panama): Brandy, Crema di cacao, panna
Alexander Cocktail N.1 (o Princess Mary): Gin, Crema di cacao, panna
Alexander’s Sisters: Gin, Crema di menta, panna
Indice
Quello a base Brandy!
Come scritto anche nella sezione storica, per quanto questo drink si chiami Brandy Alexander o Panama, al 99,99% quando un cliente vi chiede un Alexander sta intendendo questo.
Piccolo è meglio
Molti ricettari e retaggi, ad esempio la codifica IBA, , riportano in parti uguali le proporzioni tra i tre ingredienti ed il servizio in una coppetta cocktail (circa 180 ml). A mio parere, queste proporzioni non funzionano, sia perché le quantità di panna e crema di cacao sono eccessive rendendo il cocktail stucchevole, sia perché il cocktail è troppo lungo.