Ghiaccio e tecniche
Il ghiaccio
Questa tipologia di ghiaccio è quella che solitamente viene prodotta da un tritaghiaccio, uno strumento elettrico dotato di lame che affettano il cubetto di ghiaccio e lo sminuzzano fino ad una consistenza piccola ed impalpabile, simile alla neve, per l’appunto.
Molti bartender commettono un grosso errore quando utilizzano questa tipologia nella realizzazione di drink pestati, come la Caipirinha. Infatti, la sua piccolissima forma e l’elevata superficie di contatto con il liquido, portano questo ghiaccio al totale discioglimento nel giro di brevissimo tempo, annacquando in maniera irreparabile il cocktail.
L’impiego di questo ghiaccio trova la sua forma più corretta nell’utilizzo del Milk Shake Mixer: dotato di un frullino centrale, il Milkshake mixer muove in maniera circolare il liquido ed il ghiaccio (precisamente pesato in precedenza) al suo interno, portando al completo scioglimento di quest’ultimo e ai corretti raffreddamento e diluizione finale del drink.
Con “Chunk” mi sono preso una sorta di licenza poetica. Mi spiego. Faccio uso del termine Chunk per comodità descrittiva in riferimento a tutte quelle volte che intendo l’utilizzo di un unico blocco di ghiaccio all’interno del bicchiere di servizio, che sia un cubo, una sfera, un diamante o una stecca.
Oggi si può reperire in commercio o si possono realizzare in autonomia una serie di forme tridimensionali di ghiaccio davvero ampia. Ma per la mia finalità formativa mi concentro su tre in particolare: i chunk cubici, quelli a parallelepipedo e le sfere.
L’utilità nell’impiego del Chunk è quella di limitare la diluizione secondaria. Parlo di diluizione secondaria in riferimento a quella diluizione che avviene quando il drink finito è posto nel bicchiere di servizio.
L’unica discriminante fra il chunk cubico e quello a parallelepipedo è il bicchiere in cui il drink viene servito. Meglio, dunque, utilizzare un chunk cubico in un tumbler basso e uno a forma di parallelepipedo in un tumbler alto, soprattutto per un aspetto puramente estetico. Inoltre, proprio per la sua minore superficie di contatto fra ghiaccio e liquido, consiglio l’utilizzo di questi chunk in drink effervescenti, così da mantenere più inalterata possibile la sensazione di frizzantezza del cocktail.
Sulle sfere desidero spendere qualche parola in più. A parità di massa di ghiaccio usato, la sfera è il solido che ha il minore rapporto possibile fra il proprio volume e la superficie di contatto ghiaccio-liquido. Ecco perché è anche la forma di ghiaccio che permette la minore diluizione secondaria, lasciando il drink maggiormente inalterato nel suo consumo da parte del cliente.
I chunk, quando utilizzati, vanno tirati fuori dal freezer con qualche minuto di anticipo, perché raggiungano la temperatura di 0°C. In caso contrario, si potrebbero crepare a contatto con il drink per lo shock termico.
Quelli che chiamiamo comunemente cubetti, della dimensione di circa 3×3 cm, non per forza hanno la forma geometrica di un cubo ma, a seconda del produttore, possono avere forme leggermente diverse. La forma è importante dal punto di vista estetico ma non dal punto di vista funzionale perché, come abbiamo già detto, ciò che conta è l’estensione della superficie.
Esistono in commercio fabbricatori di ghiaccio che producono cubetti pieni e cubetti cavi.
I cubetti pieni sono migliori dei cubetti cavi perché sono più resistenti agli urti. Infatti, i cubetti cavi hanno una profonda rientranza che aumenta la superficie totale a discapito dello spessore delle pareti. Quando si utilizza questo tipo di ghiaccio il drink si raffredda (e diluisce) più velocemente, ma quando si shakera si frantuma in maniera eccessiva. Tutti i cubetti conservati nella vasca del ghiaccio, una volta raggiunti gli 0°C, si sciolgono: prima di utilizzarli è necessario scolare l’acqua in eccesso.
Alcuni drink, per tradizione, temperatura di servizio o semplice preferenza personale, non necessitano di essere serviti su alcuna tipologia di ghiaccio.
Nel primo caso, quella della tradizione, faccio riferimento a drink come il Gin Fizz. Proprio nei primi ricettari legati alla miscelazione, la grande differenza fra un Fizz ed un Collins risiede nella tendenza di servire il primo senza ghiaccio, per una bevuta rapida ed in pochi sorsi, mentre il secondo prevede l’inserimento del ghiaccio nel bicchiere di servizio, facendone un cocktail dalla bevuta più lunga e piacevole.
Nel caso della temperatura di servizio mi riferisco a tutti quei drink serviti caldi, che chiaramente non prevedono l’utilizzo di ghiaccio nel bicchiere finale, come l’Irish Coffee o l’Egg Nog nella sua variante calda.
Per preferenza personale, invece, preferisco presentare al cliente determinati drink senza ghiaccio nel bicchiere di servizio, ma avendo precedentemente lavorato il cocktail con la corretta tecnica e quantità di ghiaccio, raggiungendo la corretta temperatura e diluizione. Alcuni esempi sono il Bloody Mary, il Daiquiri o il Manhattan.
Il ghiaccio tritato viene prodotto da un fabbricatore specifico. Si tratta di un ghiaccio realizzato nella forma e dimensione di piccole “pepite” congelate. E’ utilizzato nella realizzazione di drink pestati e drink che hanno bisogno di un rapido raffreddamento e di una veloce diluizione, in virtù del loro alto tenore alcolico.
A differenza del ghiaccio a neve, il tritato non si scioglie subito a contatto con il liquido, ma ne permette una corretta lavorazione senza timore di un eccessivo annacquamento del drink.
Totalmente sconsigliato nella realizzazione di cocktail che contengono prodotti effervescenti, come sode e vini frizzanti, poiché ogni singola “pepita” rappresenta un punto di enucleazione, ovvero un ostacolo contro cui le bollicine di anidride carbonica possono andare a sbattere e quindi scoppiare, fuoriuscendo dalla soluzione.
Le tecniche
Passaggi
- Versare gli ingredienti nel bicchiere di servizio
- Inserire lo Swizzle stick nel bicchiere
- Aggiungere il ghiaccio tritato
- Far roteare lo Swizzle stick fra i palmi della mani
- Contemporaneamente al punto 4, imprimere un movimento dal basso verso l'alto
- Estrarre lo Swizzle stick
- Colmare eventualmente di altro ghiaccio tritato
- Decorare
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando devo realizzare drink di tradizionale tropicale.
- Quando devo realizzare drink che hanno nel nome il termine “Swizzle”, come ad esempio lo Chartreuse Swizzle di Marco Dionysos.
- Quando voglio sorprendere il mio cliente. A livello tecnico, non esiste differenza fra la diluizione ed il raffreddamento che posso conferire ad un drink utilizzando la tecnica Build e quella Swizzle. Ma a connotare quest’ultima c’è indubbiamente il fascino portato dai movimenti di questa tecnica e dal bois lelé (nome con cui i paesi francofoni dei Caraibi chiamano lo Swizzle stick).
E il ghiaccio?
- La tipologia migliore risulta essere il ghiaccio tritato. Come già affrontato per altre tecniche, il tritato possiede una intermedia dimensione fra il ghiaccio a neve (che invece si scioglierebbe istantaneamente a contatto con il drink) ed il ghiaccio a cubetti, che oltre a sciogliersi difficilmente impedirebbe il fluido movimento rotatorio dello stick.
- Il tritato ha la virtù di riuscire a far roteare senza ostacoli il bois lelè sul proprio asse e di riuscire a dare il giusto raffreddamento e la corretta diluizione nel tempo di lavorazione del drink con questa tecnica.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Non effettuare il corretto movimento rotatorio. Proprio come un movimento fluido dello Swizzle stick può sorprendere il cliente, una non totale padronanza della tecnica può rendere goffa la realizzazione del drink.
- Non portare verso l’alto lo Swizzle stick mentre sta roteando. Capita di vedere alcuni bartender imprimere al bois lelé il movimento rotatorio, ma non quello verticale. Così facendo il drink non risulterà correttamente miscelato, diluito e raffreddato.
- Sbagliare la tipologia di ghiaccio. Usare esclusivamente il ghiaccio tritato!
Passaggi
- Inserire gli ingredienti nel blender
- Aggiungere la corretta quantità di ghiaccio tritato
- Frullare per 20-30 secondi
- Versare nel bicchiere di servizio
- Decorare
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando voglio ottenere drink frozen o dalla consistenza più morbida.
- Quando ho degli ingredienti solidi all’interno della ricetta. Come nel caso dei Daiquiri e Margarita aromatizzati alla frutta, realizzati con frutta fresca.
- Quando vado a miscelare in Flash Blend, una tecnica utilizzati in molti locali Tiki che consiste nel frullare con una pesata quantità di ghiaccio tritato gli ingredienti che compongono la ricetta. L’idea è quella di tentare di ricreare il risultato che si può ottenere con il Milk Shake Mixer, non portando a termine lo totale scioglimento del ghiaccio e creare in cima al drink un tappo galleggiante di ghiaccio residuo.
E il ghiaccio?
- La tipologia più corretta da utilizzare con questa tecnica è il ghiaccio tritato, che risulta più facilmente pesabile e meno deteriorante sulle lame del blender rispetto ai cubetti di ghiaccio.
- Il ghiaccio a neve, invece, rischia di non riuscire a rendere al drink la giusta corporeità, sciogliendosi in gran parte al solo contatto con il liquido all’interno della campana del frullatore.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Non misurare la quantità di ghiaccio. Una dose troppo generosa di ghiaccio tritato produrrà un drink con una consistenza ghiacciata, simile ad una granita, dalla struttura disomogenea e molto annacquato. Troppo poco ghiaccio, invece, non porterà il drink al corretto grado di raffreddamento e diluizione.
- Non utilizzare la corretta tipologia di ghiaccio. Come già accennato, utilizzare cubetti di ghiaccio, oltre a rendere più difficoltoso pesare la giusta quantità, a lungo andare può portare al deterioramento del blender. Il ghiaccio a neve, invece, rischia di non donare al drink la corretta consistenza.
Passaggi
- Raffreddate il bicchiere di servizio
- Riempite il bicchiere di ghiaccio
- Versate gli ingredienti
- Miscelate dal basso verso l’alto
- Se necessario aggiungete altro ghiaccio
- Decorate
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando il drink viene preparato direttamente all’interno del bicchiere di servizio.
- Quando il drink non ha bisogno di eccessiva diluizione perché contiene già ingredienti come succhi o sode.
- Quando il drink, per essere gustato al meglio, non ha bisogno della dispersione d’aria che invece porta la tecnica shake.
E il ghiaccio?
- Bicchiere pieno! Limiterete la diluizione.
- Non utilizzate ghiaccio tritato quando c’è una soda, altrimenti la sgasate.
- Blocchi o stecche di ghiaccio? Sì, per limitare la diluizione, ma a patto che stiate utilizzando ingredienti già freddi. Belle le foto che i tumbler alti con le stecche di ghiaccio, ma drink scomodi da bere 🙂
Quali sono gli errori più frequenti?
- Non raffreddare il bicchiere di servizio. Non è un errore mortale in realtà, ma il drink sarà più gradevole perché le pareti del bicchiere gli ruberanno meno freddo essendo già fredde.
- Non riempire tutto il bicchiere di ghiaccio. Il liquido non sarà tutto alla medesima temperatura.
- Ghiaccio che galleggia, vedi sopra. Se mentre state preparando il drink il ghiaccio galleggia perché ne avete messo poco o perché si assesta, fermatevi, aggiungetene altro e continuate.
- Utilizzare ghiaccio tritato quando vi sono delle sode (come molti Mojito che ancora vedo fatti così).
Passaggi
- Inserire gli ingredienti nella Cup (tranne il ghiaccio)
- Pesare la quantità di ghiaccio indicata per il drink
- Mettere il ghiaccio nella Cup
- Azionare il Milkshake Mixer
- Lasciare lavorare il Milkshake Mixer per il tempo necessario
- Versare il drink nel bicchiere di servizio
- Decorare
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando voglio ottenere drink dalla consistenza cremosa o vellutata.
- Quando voglio raffreddare e diluire un drink.
- Quando conosco l’esatta diluizione a drink finito.
- Nella realizzazione di alcuni drink della miscelazione Tiki.
E il ghiaccio?
- La tipologia di ghiaccio più indicata per questa tecnica è il ghiaccio a neve. Nel suo girare attorno al proprio asse, il frullino centrale muove il liquido all’interno della Cup in maniera circolare, favorendo lo scioglimento del ghiaccio e l’ingresso di aria nel drink.
- Utilizzare altre tipologie di ghiaccio potrebbe portare al loro non totale scioglimento, compromettendo la realizzazione del cocktail.
- Il Milkshake Mixer deve rimanere acceso fino al completo scioglimento del ghiaccio a neve, per evitare che eventuali residui finiscano all’interno del bicchiere di servizio. Un buon indicatore del corretto tempo di impiego del Milkshake Mixer è dato dalla condensa ghiacciata che si viene a formare sulla parete esterna di acciaio della Cup, dentro a cui ghiaccio e drink si muovono in senso rotatorio.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Non pesare la quantità di ghiaccio da inserire nella Cup. Alcuni drink hanno bisogno di misurare perfettamente quanti grammi di ghiaccio a neve andranno sciolti al loro interno, così da conferire la corretta diluizione ed il corretto raffreddamento. Non rispettare la giusta quantità porta a drink caldi e poco diluiti, se ne inserisco in misura inferiore, o troppo annacquati e ricchi di residui, se vado oltre alla dose prevista.
- Per alcuni drink, specie della miscelazione Tiki, in realtà, il residuo di ghiaccio non disciolto che finisce nel bicchiere di servizio non è un difetto, ma un attento studio riguardo alla loro preparazione. E’ il caso dello Zombie, la cui elevata quantità di ghiaccio a neve indicato nella ricetta non viene disciolta totalmente dal Milk Shake Mixer, ma si ricompatta sull’orlo superiore del drink per formare una sorta di barriera che mantiene il drink sottostante statico e costante in tutta la sua bevuta.
Passaggi
- Versare gli ingredienti nello shaker (tranne quelli gasati)
- Effettuare la Dry shake (se presenti ingredienti schiumogeni)
- Riempire lo shaker di ghiaccio
- Shakerare
- Filtrare con double strain nel bicchiere di servizio
- Decorare
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando voglio diluire e raffreddare rapidamente un drink.
- Quando voglio modificare la sua consistenza, inglobando aria e/o quando fra gli ingredienti sono presenti elementi schiumogeni. Quando si ha a che fare con albume d’uovo o acquafaba, il mio consiglio è di eseguire una Dry Shake, ovvero una shakerata senza ghiaccio di tutti gli ingredienti, così da inglobare aria che contribuirà alla formazione della schiuma in superficie. In sostituzione alla Dry Shake potete utilizzare un aerolatte o un Milkshake Mixer.
- Se voglio semplicemente raffreddare e diluire un drink, non esiste una tipologia di shaker migliore di un altra, a parità di quantità di ghiaccio utilizzato. Se devo inglobare aria per modificare la texture del drink, invece, il Cobbler shaker è assolutamente da evitare dato il poco spazio residuo lasciato all’aria al suo interno. Sono da preferire il Boston shaker o il Parisienne che, una volta inseriti ghiaccio ed ingredienti, hanno un maggiore spazio da riservare all’aria che finirà inglobata nel drink.
E il ghiaccio?
- I cubetti di ghiaccio sono il formato migliore per questa tecnica di preparazione. Meglio se i cubetti sono pieni e privi di rientranze. Queste ultime durante la shakerata tendono a spaccarsi, rompendo il cubetto, aumentando la superficie di contatto fra liquido e ghiaccio e portando a diluizione e raffreddamento incontrollabili.
- Shakerare con uno o più chunk di ghiaccio non è la scelta migliore. Infatti, per raggiungere diluizione e raffreddamento corretti, bisognerebbe shakerare per un tempo maggiore in confronto ai normali cubetti, in virtù del minore rapporto fra superficie di contatto fra ghiaccio e liquido dei chunk.
- Shakerare con ghiaccio tritato, non è sempre un errore. In alcune ricette, specialmente di drink Tiki, la shakerata con ghiaccio tritato, e successivo versaggio di drink e ghiaccio residuo nel bicchiere di servizio, sono studiate per attenuare l’impatto alcolico di drink che potrebbero risultare troppo potenti.
- La corretta quantità di ghiaccio dipende dallo shaker utilizzato. Un Cobbler shaker deve essere il più colmo possibile, in relazione al numero dei drink preparati al suo interno (se uno solo, ghiaccio in abbondanza; se due o più, è consigliabile lasciare un pochino di spazio per la diluizione dei drink). Boston e Parisienne non devono mai essere colmi di ghiaccio, in funzione dell’aria residua al loro interna da inglobare nel drink o nei drink.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Non shakerare con la giusta intensità. Più volte il drink presente nello shaker passa attraverso il ghiaccio, più aumenta la superficie di contatto ghiaccio e liquido e, di conseguenza, più efficace risultano diluizione e raffreddamento.
- Il tempo. Una corretta shakerata, con il giusto shaker e la ponderata quantità di ghiaccio, dovrebbe durare dai 10 ai 15 secondi. Sotto ai 10 secondi si rischia di servire un drink non sufficientemente freddo e diluito. Sopra i 15 secondi, invece, il drink ha raggiunto una temperatura tale da non scambiare più efficacemente calore con il ghiaccio presente nello shaker.
- Shakerare con le braccia. Se la shakerata è effettuata nella corretta maniera, basta un preciso ed elegante movimento di polsi per arrivare al risultato desiderato. Non serve disarticolare le braccia come se volessi scagliare lo shaker il più lontano possibile.
- Non mettere la corretta quantità di ghiaccio. Se in difetto, potrebbe risultare difficile portare il drink alla corretta temperatura di servizio. Se in eccesso, potrebbe esserci un problema nell’emulsione dell’aria.
- Non effettuare una double strain. Sia che si utilizzi un Cobbler shaker con filtro incorporato, sia che si utilizzi un Boston o un Parisienne e lo strainer, passare il liquido attraverso un colino a maglie fini garantisce un drink più pulito e un minor rischio che elementi non desiderati finiscano nel bicchiere di servizio.
- Aspettare troppo. Soprattutto nel caso di ingredienti schiumogeni presenti nella ricetta, se una volta che ho finito di shakerare il drink lascio passare troppo tempo prima di effettuare la double strain, la schiuma creata si attacca alle pareti del ghiaccio all’interno dello shaker. Il mio consiglio è quello di “verticalizzare” il più velocemente possibile lo shaker sopra al colino a maglie fini, garantendo una schiuma omogenea e compatta.
Passaggi
- Raffreddare il Mixing Glass
- Versare gli ingredienti
- Aggiungere il ghiaccio
- Miscelare col bar spoon con movimento rotatorio
- Filtrare nel bicchiere di servizio
- Decorare
Quando si utilizza questa tecnica?
- Quando voglio diluire e raffreddare un drink, senza modificarne la consistenza.
- Quando la realizzazione del drink non prevede di inglobare aria.
- La tecnica Stir e il Throwing (lasciare cadere gli ingredienti contenuti in un tin all’interno di un altro aumentando progressivamente la distanza fra i due) portano al medesimo risultano, salvo che la seconda risulta più coreografica.
E il ghiaccio?
- Il più indicato è il ghiaccio a cubetti. In virtù della loro dimensione, risulta facile imprimere loro la rotazione data con il barspoon necessaria ad aumentare la superficie di contatto fra liquido e ghiaccio, raggiungendo il corretto grado di diluizione e raffreddamento.
- I chunk di ghiaccio, dato il loro rapporto fra volume e superficie di contatto con il liquido, rallentano la preparazione dei drink realizzati con tecnica Stir.
Quali sono gli errori più frequenti?
- Il Mixing Glass a temperatura ambiente. Per gestire al meglio raffreddamento e diluizione, senza che quest’ultima diventi incontrollabile, consiglio di tenere il Mixing Glass in un freezer o sul bancone ma, in quest’ultima ipotesi, con del ghiaccio al suo interno. In caso contrario, le pareti del Mixing Glass contribuiranno in maniera significativa al disciogliente del ghiaccio e quindi alla diluizione finale del drink.
- La quantità di ghiaccio. Il giusto livello di ghiaccio da inserire nel Mixing Glass è quello che permette al ghiaccio di superare di poco il livello del drink. Così facendo tutto il cocktail sarà a contatto con il ghiaccio. Le pareti alte del Mixing Glass, invece, non toccate dal ghiaccio, non contribuiranno al suo discioglimento e dunque alla diluizione finale.
- Il tempo. Lavorare il drink in tecnica Stir per una quantità di tempo insufficiente produrrà un drink più caldo e più alcolico. Al contrario, un tempo eccessivo donerà al drink una diluizione esagerata, rendendolo annacquato.
- Il movimento di braccia. Il bar spoon dovrebbe roteare per mezzo di un movimento circolare delle dita con cui viene impugnato, ovvero il medio e l’anulare, facendosi al massimo aiutare dalle articolazioni del polso. Muovere il bar spoon con tutto il braccio porta ad una sensazione di goffaggine.