Gin Tonic
Dal Sudamerica, passando per Roma, fino alle Indie Orientali, la corteccia di china, prima di aromatizzare la soda alla base del drink, era utilizzata per curare la malaria. Dal connubio col gin, a metà dell’Ottocento, nasce il Gin Tonic.
- Scheda
- Storia
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Ricetta
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Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti nel bicchiere freddo pieno di ghiaccio e miscela delicatamente. Infine, sprizza il twist di limone.
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L’erba dei Gesuiti
Nel bellissimo libro Storie Straordinarie delle Materie Prime, scritto da Alessandro Giraudo, un intero capitolo è dedicato all’Erba dei Gesuiti, il soprannome con cui era più comunemente conosciuta la China. La leggenda ci racconta che la contessa Ana de Osorio Chinchòn, moglie del viceré del Perù Luis Jerònimo de Cabrera, spesso afflitta da emicranie, sia stata guarita dalla farmacopea tradizionale del Paese Sudamericano con l’utilizzo di una polvere ricavata dalla corteccia dell’albero di china, pianta coltivata dagli indios nel bacino di Quito e nella regione del Potosì. Storiograficamente, però, risulta che la moglie del viceré morì in Spagna tre anni prima che al marito fosse affidato l’incarico istituzionale dal Re in persona.
La China
Il botanico svedese Carl Von Linné, affascinato però dalla leggenda, ribattezzò la pianta Chinchona officinalis, in onore della figura femminile della leggenda precedentemente riportata. La corteccia dell’albero della china (conosciuto anche col nome di palo de calenturas, “legno delle febbri”) è un potente antipiretico, analgesico e antimalarico. Fu il gesuita italiano Agostino Salumbrini (1561 – 1642), farmacista e direttore del giardino botanico del convento di San Paolo a Lima, a far arrivare a Roma alcuni campioni di corteccia testati con successo come febbrifugo. A Roma, la malaria era da secoli una malattia endemica che colpiva le popolazioni che vivevano nelle regioni paludose attorno alla Città e una delle principali cause di morte, che non risparmiò neanche papi o cardinali. Dopo che il medico del Papa, Fonseca, sperimentò nel 1649 sulla popolazione romana i suoi effetti benefici, la “polvere dei gesuiti” (o “polvere cardinale”) cominciò ad essere esportata in grandi quantità in tutto il resto del mondo.
Il chinino
Per alcuni secoli la pianta viene coltivata soltanto nelle regioni che vanno dal Perù all’America centrale. In seguito, all’aumentare delle esportazioni e del giro d’affari dietro alla polvere della corteccia, saranno anche i giardini botanici di Londra e di Calcutta, oltre a quelli di Java, a implementare la coltivazione la Chincona e ad esportarla in altre zone geografiche. Nel 1817, due farmacisti francesi, Pierre Joseph Pelletier e Joseph Caventou, riusciranno ad estrarre per la prima volta il chinino dalla corteccia dell’albero di Chincona succirubra (China rossa): il nome della nuova sostanza chimica verrà preso dalla parola quechua (la lingua Inca) per designare la pianta, Quina.
Una molecola per gli eserciti
Subito somministrato dagli eserciti di tutte le nazioni europee ai propri soldati di istanza in paesi tropicali, o comunque in zone ad alto rischio di febbri malariche, a causa del suo sapore particolarmente amaro si cercò un modo per rendere meno difficile l’assunzione del chinino per via orale. La leggenda racconta che proprio in India i soldati dell’Impero britannico erano soliti consumarlo con l’aggiunta di succo di lime, zucchero, acqua e gin, così da facilitarne la bevuta.
L’acqua tonica
Intanto, nel 1783, Johann Jacob Schweppe aveva portato a termine i suoi esperimenti, partiti sulla base delle scoperte di Joseph Priestly sulla solubilità dell’anidride carbonica nei liquidi, e sviluppò un processo industriale per produrre bevande sodate. Nello stesso anno fondò l’azienda che porta il suo nome ed iniziò a variare la sua proposta commerciale con l’inserimento di bibite effervescenti aromatizzate. È del 28 maggio 1858, invece, il primo brevetto di un “aerated tonic liquid”, un’acqua sodata aromatizzata al chinino, prodotta da Erasmus Bond ed inizialmente venduta solamente in India e in altri possedimenti britannici situati nelle zone tropicali del mondo. In tali mercati rimase almeno fino agli anni ’20 del secolo successivo, quando il prodotto iniziò ad essere acquistabile anche nel Vecchio Continente e nel Nuovo Mondo.
Le testimonianze
La prima menzione del “gin and tonic” è da ricercare nell’Oriental Sporting Magazine, anno 1868, un giornale anglo-indiano dedicato alle gare sportive del sub-continente asiatico, in un articolo riguardante le corse dei cavalli della provincia di Sealkote, oggi Sialkot. Altri quotidiani indiani, nel corso degli anni a venire, fanno riferimento alla bevanda composta da gin e acqua tonica, ma in nessuno di essi è presente un collegamento fra il suo consumo e i benefici dovuti alla sua assunzione nei confronti della malaria. Più verosimilmente, il Gin Tonic veniva consumato per le sue qualità rinfrescanti e per il piacere del suo gusto amarognolo.
La struttura
La freschezza ed amara aromaticità della nuova bevanda al chinino trovò subito il connubio perfetto con le botaniche e la secchezza del gin inglese. Ad oggi, il Gin Tonic rimane uno dei drink più consumati al mondo, che resiste alle fluttuazioni commerciali dovute alle mode e alle tendenze cicliche di qualsiasi prodotto sul mercato mondiale. Capace di rimanere sempre un classico e di vestirsi di “abiti nuovi” a seconda delle occasioni, il Gin Tonic è un highlander della miscelazione.
La canonizzazione IBA del Gin Tonic
No, il Gin Tonic non è un cocktail IBA!
Indice
Meglio ingredienti già freddi
Utilizzare un gin ed una tonica già freddi ti permetterà di mantenere più a lungo l’effervescenza e sciogliere il ghiaccio più tardi, limitando la diluizione del drink.
Quantità del Gin per il Gin Tonic
Per me una dose corretta è compresa tra i 40 e i 50 ml. Sopra, rischi che il cocktail risulti troppo potente e meno gradevole
Quale è il miglior Gin per il Gin Tonic?
Un classico London Dry non sbaglia mai, come No.3 London Dry Gin.
Non disdegno i Gin contemporanei, ve ne sono davvero di ottimi, ma quelli troppo profumati o con botaniche molto marcate e caratteristiche rischiano di allontanare il drink da quello che è il classico Gin Tonic.
Quale è la migliore tonica per il Gin Tonic?
Anche in questo caso, mi piace rimane sul classico utilizzando una tonica con un bel rapporto dolce e amaro, in contrapposizione a quelle troppo dolci o piatte.
Le spezie nel Gin Tonic
La moda di aggiungere spezie all’interno del Gin Tonic non serve a nulla, il loro sapore non si sente e in alcuni casi diventano un ostacolo alla bevuta. Una moda, appunto.
Gin Tonic e Balloon
Negli ultimi anni, dalla Spagna, si è diffusa la tendenza di preparare e servire il Gin Tonic un in calice Balloon.
A mio giudizio, e non solo, un bicchiere alto da long drink, quindi un Collins o un Highball è invece la scelta migliore, poiché riuscirà a mantenere più intatta la gassatura della tonica, che tenderà invece a disperdersi di più un una bicchiere largo.
La decorazione del Gin Tonic
Fetta di limone o twist di limone. Ti ho già detto no alle spezie!