Japanese Cocktail
Il Japanese Cocktail viene spesso definito una delle poche ricette originali del Professor Jerry Thomas. Morbido, corposo e complesso, ancora oggi risulta un drink dal grande fascino e dalla efficace spendibilità.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una Coppetta Martini ghiacciata. Infine, sprizza gli olii essenziali di un twist di limone sulla superficie del drink e decora con una coin ottenuta dalla scorza dell’agrume.
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Indice
Un vero drink di Jerry Thomas
Comparso per la prima volta sul The Bar Tender’s Guide del 1862 di Jerry Thomas, il Japanese Cocktail sembra essere uno dei pochi drink effettivamente inventati dal Professore (l’unica altra sua creazione originale sembrerebbe consistere nel Blue Blazer, per quanto qualche dubbio circoli ancora). Il nome della bevanda trae in inganno. Non vi è nulla proveniente dal Paese del Sol Levante fra gli ingredienti del cocktail: sarebbe in realtà stato chiamato così per commemorare la prima visita di delegati giapponesi negli Stati Uniti. Nel loro giro attraverso la Nazione nel 1860, soggiornarono qualche giorno anche a New York, risiedendo presso il Metropolitan Hotel, a pochi isolati di distanza dal “palace” bar di Jerry Thomas, al 622 di Broadway. Fra i componenti della delegazione spiccò nelle cronache e nei racconti dell’epoca un certo Tommy, il cui nome vero era Tateishi Onojiro Noriyuki, che era solito passare le notti a flirtare con le ragazze americane e a bere drink in giro per locali, fra cui sicuramente quello del Professore.
Una bella storia, ma falsa
Per quanto affascinante possa essere questa narrazione, ricerche più recenti tenderebbero a dimostrare che nel periodo della visita presso New York della delegazione giapponese è impossibile che Jerry Thomas abbia miscelato drink ai visitatori stranieri: dopo aver ricoperto la figura di bar manager presso il Metropolitan Hotel della Grande Mela, nell’autunno del 1859 consegnò le proprie dimissioni e si prese un anno sabbatico per visitare il Vecchio Continente, l’Inghilterra in particolar modo. Jerry fece ritorno negli States l’anno successivo, per avviare il suo nuovo locale al 622 di Broadway in Ottobre, quando quindi il viaggio dei dignitari giapponesi stava ormai volgendo al termine, dopo essere ripartiti da New York il 30 Giugno e ritoccando il suolo natio dopo un itinerario attraverso l’Oceano Atlantico e Indiano facendo scalo in Angola, a Batavia (capitale delle Indie Orientali Olandesi, l’odierna Giacarta indonesiana) e ad Hong Kong, per giungere a Edo (oggi Tokio) a Novembre.
La paternità del drink viene ancora comunque oggi assegnata al Professore, ma di sicuro il Japanese Cocktail non venne mai consumato dai visitatori provenienti dal Paese del Sol Levante: è più probabile che Thomas, per cavalcare l’ondata di entusiasmo e popolarità che la delegazione smuoveva ad ogni tappa del proprio viaggio istituzionale, creò il drink fra la fine del 1860 e il 1862, anno di pubblicazione del suo The Bar Tender’s Guide.
Il drink dell’Imperatore
Il Japanese Cocktail fu uno dei primi cocktail a non riportare nessuna indicazione specifica nel proprio nome degli ingredienti contenuti al suo interno ed è possibile trovarlo in ricettari di fine XIX secolo ed inizio Novecento con l’appellativo di Mikado Cocktail. Così, infatti, compare nella prima lista IBA del 1961, composto da brandy, orzata, aromatic bitters, Crème des Noyaux e curaçao. Il termine giapponese “Mikado” è il titolo solenne con cui in Giappone ci si riferisce all’Imperatore, capo della religione nazionale, lo Scintoismo.
La struttura
Per quanto il drink oggi possa risultare stucchevole se non realizzato nella maniera più appropriata per i nostri palati meno inclini ai miscelati dolci, presenta alcune novità per l’epoca in cui venne creato. La prima è la robusta dose di orzata presente nella ricetta originale, un tablespoon, circa 15 ml, in precedenza spesso utilizzata come altri aromatizzanti/edulcoranti in misurati dash; la seconda, più o meno simile alla prima, è la quantità di bitters presente fra gli ingredienti, mezzo teaspoon (circa 1,25 ml), con cui il Professore bilancia la dolcezza dello sciroppo di mandorle e le note calde e morbide del brandy. Per riequilibrare il ventaglio gustativo del Japanese Cocktail, Jerry Thomas fa uso di una o due scorze di limone. È un drink complesso, intenso e raffinato, molto aromatico e che rischia di eccedere verso una dolcezza poco gradita se non bilanciato nel migliore dei modi.
Indice
Parliamo di bitters
Oggi due scuole di pensiero si contendono i bartender: da una parte quelli che aromatizzano il Japanese Cocktail con 1 o 2 dash di bitters; dall’altra quelli più fedeli alla vecchia scuola, che sposano aprioristicamente la ricetta di Jerry Thomas.
Il mio consiglio è: cerca il tuo bilanciamento fra il gusto dell’orzata e la quantità di aromatic bitters, perché è in questo equilibrio che si trova il successo del drink. La ricetta originale prevedeva “½ teaspoonful of Bogart’s bitters”, circa 1,25 ml; quindi, non aver paura nello spingerti su un abbondante utilizzo di quell’ingrediente.
Sciroppo di orzata
Se ti stai chiedendo come realizzarlo, clicca qui.