Hot Whiskey Toddy
Prima dell’Old Fashioned, del Mint Julep e dello Sherry Cobbler, i "Toddy" o "Sling" contendevano la popolarità ai Punch. Acqua, zucchero e distillato: nulla di più facile e niente di più importante per la storia della miscelazione.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti direttamente nella tazza e col bar spoon dai una leggera miscelata per fare sciogliere il miele. Infine, lascia cadere la scorza di limone e spolvera con la noce moscata.
Info
Tipologia
Creatore
Periodo storico
Iscriviti!
Indice
Una famiglia “problematica”
I Toddies sono una famiglia di drink così ancestrali che risulta difficile sia catalogarli inequivocabilmente, sia srotolarne una storiografia attendibile.
A provare a tracciarne un profilo univoco è stato David Wondrich su Imbibe!. La bevanda ha probabili natali scozzesi, anche se le sue prime menzioni a stampa sono in Inghilterra nel 1741 e sul Boston Weekly Post Boy del 1750 . Grazie ad un prolifico lavoro di ricerca sappiamo che, dal suo arrivo negli Stati Uniti (e almeno dalla metà del Settecento), al Toddy corrispondeva una struttura generalmente riconosciuta composta di uno spirito di base, zucchero ed acqua (a volte impreziosita da una spolverata di noce moscata).
Altre due famiglie di miscelati dell’epoca, gli Sling e gli Skin, condividevano la stessa formula del Toddy, quella dei tre ingredienti precedentemente elencati, tanto da ritrovare molto spesso su giornali dell’epoca la medesima ricetta con differenti nomi a seconda del luogo della loro preparazione (Wondrich porta l’esempio dello Yankee’s Sling, dell’Englishman’s Toddy e dell’Irishman’s Skin, prodotti a partire esattamente dagli stessi ingredienti). Altri drink, come i Sangarees o il Bombo, non fanno altro che aggiungere confusione a questa materia caotica.
La temperatura dell’acqua
È l’ingrediente “acqua” a cavarci d’impaccio: se infatti una scorza di agrume rappresenta un peculiare inserimento con cui riconoscere un drink della famiglia degli Skin, Wondrich ci dice che l’unica maniera per discernere fra un Toddy e uno Sling risulta essere la temperatura dell’acqua a partire dalla quale la bevanda viene miscelata. Bollente per i primi, fredda per i secondi. Questione risolta? Nemmeno per sogno, visto che in alcune menzioni a stampa vengono riportati dei cold Toddy e degli hot Sling. Ti avevo avvertito che non sarebbe stato facile.
Una nuova teoria
Ricerche più attuali spostano la datazione dei Toddies indietro di quasi un secolo e mezzo rispetto a quanto riportato da David Wondrich. Ma partiamo da un riferimento più recente, ovvero The Oxford English Dictionary del 1933: alla voce “Toddy”, si riportano le differenti grafie con cui il termine compare sui documenti di lingua inglese, fra cui tarrie, terry e taddy. La definizione del lemma riporta “la linfa ottenuta dall’incisione […] di alcune specie di palme (da dattero, da cocco e la palmyra, n.d.a.) consumata come bevanda nei paesi tropicali; anche, il liquore intossicante ricavato dalla sua fermentazione”. Provo a fare chiarezza.
Nel 1609 il termine taddy viene menzionato per la prima volta sul diario di bordo di John Jourdain, capitano britannico al servizio della Compagnia delle Indie Orientali, in cui si riporta “Butt our people havinge bene well refreshed with a kindle of drinke of the palmita tree called taddy, they beganne to bee unrulie”. Appena due anni dopo, nel 1611, William Finch (un mercante, anch’egli al soldo della Compagnia delle Indie Orientali) scrive riguardo ai territori settentrionali dell’India “a goodly Countrey abounding with wild date trees, whence they draw a liquor called Tarrie or Sure, as also from another wild Coco-tree called Tarrie”, a cui fa seguire la nota “Tarrie or Taddie, a strong Wine”. Da quanto si apprende da questi documenti, nelle zone dell’Asia visitate dai mercanti inglesi del XVII secolo, gli abitanti erano soliti consumare la linfa fermentata di alcune varietà di palme. Questo liquore veniva chiamato Teddy, Tarrie o Toddy.
Toddy e marinai
Nel corso del ‘600 le menzioni della bevanda dai diversi nomi (toddy, taddy, tarrie, …) cominciano a risultare sempre più ubiquitarie, tanto da venire riportate nei resoconti di viaggi o d’affari degli europei in paesi come Indonesia, Sumatra e Madagascar. Ma giunto in Europa, nella prima metà del Settecento, il Toddy acquista una nuova struttura, composta di acqua, zucchero e parte alcolica. Cos’è successo, dunque, nel suo viaggio dall’Asia al Vecchio Continente?
La teoria più accreditata sembra essere questa: i marinai europei che prestavano servizio nelle Compagnie delle Indie battenti differenti bandiere entrano in contatto con la bevanda realizzata con la linfa delle palme (il toddy), servita fresca oppure fermentata; trovano la bevanda piacevole (soprattutto nella sua versione fermentata, e quindi alcolica) e si abbandonano al suo consumo finché hanno la possibilità di reperirla nei territori che per tradizione la producono. Una volta ripreso il mare, però, il toddy manifesta lo stesso problema che le altre bevande alcoliche fermentate (vino e birra) imbarcate sui bastimenti avevano già mostrato ai marinai europei, ovvero l’acescenza (la trasformazione dell’etanolo in acido acetico), trasformandosi in qualcosa tutt’altro che piacevole da consumare.
Come uscire da questa impasse?
Il “vino di palma”
Prima di spiegare la soluzione elaborata dai marinai delle Compagnie delle Indie facciamo un piccolo passo indietro e prendiamo in considerazione cosa fosse il toddy asiatico. Si trattava della linfa ricavata dall’incisione di alcune varietà di palme coltivate nel sud-est asiatico, soprattutto palme da cocco e da dattero. Le cronache parlano di una bevanda allo stesso tempo rinfrescante e piacevolmente dolce, con una concentrazione zuccherina tale da permettere una fermentazione alcolica che trasformava la linfa in una sorta di “vino di palma”, apprezzato anche per il tenore di zuccheri residui. Poco tempo dopo la sua realizzazione, però, il fermentato andava incontro ad acescenza e quindi risultava sgradevole alla bevuta. Come poter quindi replicare il sapore che caratterizzava questa bevanda anche lontano dalle zone tradizionali della sua produzione?
Arrack, acqua e zucchero
Con Arrack, zucchero e acqua. L’Arrack, infatti, non è nient’altro che l’acquavite ottenuta dalla distillazione della linfa fermentata delle palme (anche altre materie prime possono essere utilizzate per produrre arrack, ma qui ci limitiamo a prendere in considerazione solo quello ottenuto dal “vino di palma”), uno spirito che riesce a richiamare in maniera decisa le note aromatiche della propria materia prima.
La gradazione alcolica dell’arrack risultava però troppo elevata rispetto a quella del toddy asiatico, così che la diluizione con acqua riportava il toddy di matrice europea ad un contenuto di alcol etilico simile a quella di un fermentato. L’alto volume di etanolo, inoltre, evitava che l’alcol presente nel distillato si trasformasse in acido acetico, garantendo una lunga shelf life all’Arrack, che poteva così venire essere stivato sulle navi senza doversi preoccupare del suo deperimento.
A richiamare, infine, il gusto dolce veniva in soccorso dei marinai un dolcificante, come lo zucchero o il miele. Con il passare del tempo, vuoi la difficile reperibilità dell’arrack sul mercato europeo, vuoi il costo elevato di questo distillato, all’acquavite di palma vennero sostituiti gli spiriti di origine europea, come il brandy ed il whisky.
La struttura
Confusione a parte, il Toddy (o Sling) rimarrà fra le più apprezzate bevande miscelate negli Stati Uniti per più di centocinquant’anni, fino alla fine dell’XIX secolo, ostinandosi comunque a non sparire del tutto all’interno della tradizione casalinga e quotidiana americana, che continuerà a prepararlo, nella sua versione calda, come rimedio per raffreddori e colpi di freddo.
Fra i punti di forza della sua longevità vi è sicuramente l’essere composto di ingredienti non deperibili (a differenza dei Punch che prevedevano l’utilizzo del succo di agrumi, a volte anche di difficile reperibilità, quando il costo stesso non li rendeva di difficile applicazione), facilmente acquistabili sul mercato e la grande possibilità di variare e sperimentare con i suoi componenti. Lo zucchero, ad esempio, non sempre disponibile e di ottima qualità al tempo della colonizzazione degli Stati Uniti, poteva essere sostituito con miele o melassa, elementi che sono capaci di apportare interessanti note di sapore. Per quanto riguarda lo spirito di base, non esiste un singolo distillato con cui non si sia provato a fare un Toddy: ognuno di essi è capace di connotare la bevanda coi sentori della propria materia prima di partenza e del suo metodo di distillazione.
A proposito di quest’ultima questione, Wondrich consiglia l’utilizzo di distillati pot – still che secondo lui, grazie al loro corpo più pieno, sono capaci di rendere più morbido il risultato finale.
Indice
Quale Whisky?
Puoi utilizzare il Whisky che preferisci. Le versioni più diffuse sono con Irish Whiskey o Blended Scotch Whisky.
Acqua minerale
NON utilizzate l’acqua calda stagna della macchina del caffè, ma l’acqua minerale scaldata con un bollitore o in una teiera.
Variazioni facili facili
Il Toddy caldo si presta a infinite variazioni, la ricetta indicata rappresenta una struttura di partenza: puoi variare il distillato, utilizzare un tè al posto dell’acqua, variare la parte dolcificante o le spezie. Spesso è utilizzata anche una stecca di cannella in infusione.