Bloody Mary
Miscelare succo di pomodoro e distillato non è nulla di complicato: il segreto sta nella speziatura.
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Ricetta
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Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti analcolici in un mixing glass freddo senza ghiaccio e miscela col bar spoon; in questo modo le spezie si scioglieranno meglio che a contatto con l’alcol. Versa ora la Vodka, aggiungi il ghiaccio e miscela (non troppo!) gli ingredienti. Filtra in un tumbler con un chunk di ghiaccio. Infine, decora.
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La storia del Bloody Mary
Pare che la storia del Bloody Mary per come la conosciamo, che ha sempre attribuito la paternità del cocktail al barman francese Fernand Petiot negli anni ’20 del Novecento, debba essere riscritta dal principio, partendo dalla fine.
È David Wondrich, sul suo The Oxford Companion to Spirits and Cocktails, pubblicato nel 2021 a coronamento di un lavoro di ricerca durato 10 anni, a tracciare una nuova parabola cronologica del cocktail. Grazie ad un’intervista da Wondrich reperita sul The New Yorker del 10 luglio 1964, lo storico ha riportato le seguenti parole dell’autore dell’articolo: “Petiot claimed that the spices were his particular contribution to the Bloody Mary and that the tomato juice – vodka combination and the name belonged to Jessel”.
George Jessel
George Jessel (1898 – 1981) è stato un attore, cantante e autore statunitense, molto apprezzato per le sue performance comiche. Secondo le ricerche di Wondrich, Jessel dichiarò di aver miscelato per primo il succo di pomodoro insieme alla vodka nel 1927 a Palm Spring, in Florida, mentre la prima menzione sulla carta stampata alla presunta paternità nei confronti della propria creazione risulterebbe essere del 1939.
Wondrich riporta che dagli inizi degli anni ’20 del Novecento era pratica diffusa negli Stati Uniti curare i postumi di una sbornia bevendo il liquido di governo dei pomodori in scatola ritenuto ricco di vitamine, separandolo dalla parte solida contenuta nelle lattine. La commercializzazione del solo succo di pomodoro prenderà piede sul finire dello stesso decennio, e quasi contemporaneamente troviamo menzione del suo utilizzo in miscelazione: nella rubrica New York Day By Day a cura di Odd McIntyre, nel 1929, l’autore riporta “a popular cocktail diversion of the moment is composed of equal parts tomato juice and gin […] Broadway seizes on any panacea for the day – after throb”
La speziatura del Bloody Mary
Alcol (soprattutto Gin) e succo di pomodoro erano quindi miscelati insieme già sul finire del terzo decennio del XX secolo, tenendo per buone le prove portate da Wondrich.
Ma distillato e succo non sono gli unici componenti a caratterizzare un drink che dalla sua creazione sembra godere di un apprezzamento senza fine raramente eguagliato. Una parte fondamentale del successo del Bloody Mary, infatti, dipende dagli ingredienti che gli conferiscono una struttura “spicy”, per dirla in inglese.
Messo in commercio negli USA in pieno Proibizionismo, il succo di pomodoro fu presto utilizzato come cavia per le sperimentazioni statunitensi, e già nel 1927 sulla stampa coeva comincia a comparire più di un riferimento al Tomato Juice Cocktail, un analcolico consumato per le sue capacità di preparare lo stomaco al pasto e con lo scopo di creare quello stimolo all’appetito tipico dei drink contenenti alcol, ma senza infrangere la dry-law.
Numerose ricette furono riportate su moltissime testate nazionali ma, sicuramente, la più interessante è quella del 1928 sul Trenton Evening Times che riporta “many like to chill the [tomato] juice and season”, aggiungendo, qualche riga più sotto, a proposito del seasoning (condimento, in inglese) “salt, lemon juice, Tabasco and Worchestershire sauce”. Nel giro di pochi anni, l’anima alcolica del drink e la sua forma analcolica e speziata confluiranno in un’unica ricetta: l’opuscolo del 1933 Cocktail Parade riporta un Tomato Juice Pick Me Up, realizzato con succo di pomodoro, gin, succo di limone e salsa Worchestershire.
Il contributo di Fernand Petiot
A rendere però famoso al mondo intero il Bloody Mary è sicuramente stata la figura di Fernard “Petit” Petiot (1900 – 1975), anche conosciuto con l’appellativo “The Frog”.
Fernand cominciò la propria carriera professionale come cuoco in alcuni ristoranti parigini prima di essere assunto all’Harry’s New York Bar, situato al numero 5 di Rue Daunou della Capitale Francese, inaugurato dal fantino Tod Sloane e alla cui proprietà subentrò dopo qualche anno Harry MacElhone. Secondo alcune versioni della storia, fu qui, a Parigi, che Petiot intorno al 1920 creò la propria proto-ricetta del Bloody Mary (una semplice miscela di distillato e succo di pomodoro).
Leggende e suggestioni a parte, nel 1925 fu per un breve periodo dietro al bancone dell’American Bar del Savoy Hotel di Londra prima di trasferirsi in maniera definitiva negli Stati Uniti nel medesimo anno. Nel 1933 gli venne affidata la posizione di Head Bartender presso il St. Regis Hotel di New York, a capo di una squadra di 17 barman. Presso il bar della struttura alberghiera, il Bloody Mary fece il suo “scatto di popolarità”, per quanto, dato il nome poco consono alla clientela altolocata che ne frequentava i lussuosi spazi, venisse servito con il nome di Red Snapper.
Dal Dopo Guerra in poi, la fama del drink non si è più arrestata, facendone il cocktail, insieme al Moscow Mule, a cui si deve il merito di aver introdotto a partire dagli anni ‘50 la Vodka nel mercato e nelle preferenze degli statunitensi.
La decorazione del Bloody Mary
A partire dalle prime menzioni a stampa del Tomato Juice Cocktail, la fetta di limone sembra essere elemento ubiquitario nel corredo decorativo del drink, mentre il gambo di sedano, fattore ormai “iconico” della bevanda miscelata stessa, pare essere un’aggiunta solamente di qualche anno successivo, ovvero dal 1929.
La tendenza contemporanea ha perso il suo carattere “minimalista” per cedere il passo alla “cafonaggine più becera”: in giro per il mondo è possibile, infatti, trovare il Bloody Mary decorato con fette di bacon, alette di pollo fritte, spiedini di gamberi, tranci di pizza e micro-hamburger in quantità spesso paradossali, come se il drink avesse perso la sua funzione di aperitivo per divenire una sorta di vassoio/contenitore per gli stuzzichini dell’happy hour.
La canonizzazione IBA del Bloody Mary
Il Bloody Mary fa parte delle codifica IBA sin dalla prima del 1961.
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La diluizione del Bloody Mary
Qui la diluzione del ghiaccio gioca una ruolo fondamentale, perché se il succo di pomodoro è troppo annacquato il cocktail perde corpo e sapore. Attenzione quindi a ragionare sulla tecnica che deciderai di utilizzare.
Bloody Mary e tecnica Stir
Tecnica Stir e versare il cocktail su un chunk di ghiaccio per limitare la diluizione secondaria è la cosa migliore, a patto che la diluzione della stirrata sia minima.
Bloody Mary e tecnica Build
Ci sta. Meglio utilizzare un chunck di ghiaccio. Se utilizzi dei cubetti il cocktail si scioglierà ancora più velocemente.
Bloody Mary e tecnica Throwing
La tecnica Throwing consiste nel “lanciare” un drink tra le due parti di un Boston (una riempita di ghiaccio trattenuto con uno straniero) un numero indefinito di volte al fine di raffreddarlo. Sii consapevole che questa operazione non aggiunge nulla alla texture del drink, se non un po’ di coreografia, quindi è la stessa cosa della tecnica Stir. Personalmente non considero neanche la tecnica Throwing una vera e propria tecnica a sè, ma se la coreografia vi aiuta a farti vendere più Bloody Mary, allora perchè non considerarla.
Bloody Mary e tecnica Shake
Non si fa, cartellino rosso. Non ammazzare il pomodoro.
La Vodka
Personalmente trovo che questa miscela lavori benissimo con una quantità di distillato di 30-40 ml. Sopra tale quantità, il cocktail prende un’inflessione amara quasi sgradevole.
Quale succo di pomodoro per il Bloody Mary?
I succhi confezionati di qualità vanno più che bene. Consiglio quello di Naty’s. Estratti freschi non hanno corpo e sapore a sufficienza. Evitate invece, come a volte sento dire, di utilizzare passate di pomodoro, che al contrario sono “troppo”.
La sala Worchesteshire e il Bloody Mary
Non so se lo hai notato, ma nella mia ricetta utilizzo ben 15 ml di salsa Worchesterschire, mentre in quasi tutti i ricettari si parla sempre di 2-3 gocce. Trovo che l’abbondare con questo ingrediente renda il Bloody Mary particolarmente interessante, ma sei libero di smentirmi! Questo trucchetto me lo ha insegnato il mio collega Massimo D’Addezio, (tra l’altro docente del corso di Bar Management di Drink Factory), quando nel suo ex locale CO.SO a Roma proponeva una sorta di Hamburgher Bloody Mary.