
Bijou
Un gioiello della miscelazione statunitense pre-Proibizionista. A riportare in auge questa miscela di Gin, Vermouth dolce e liquore alle erbe sarà Dale De Groff, il padre della Cocktail Renaissance di fine Novecento.
- Scheda
- Storia
- Note
Ricetta
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un mixing glass ben freddo, stirra con ghiaccio a cubetti e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di arancia.
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Johnson e Lawlor
Per quanto oggi la paternità del drink sia attribuita senza ombra di dubbio a Harry Johnson, che ne pubblicherà la ricetta per come la conosciamo oggi sul suo New and Improved Bartenders’ Manual nell’edizione del 1900, la struttura del drink sembra sia da considerarsi l’evoluzione di una ricetta leggermente più datata.
La prima menzione a stampa del Bijou, infatti, risulterebbe quella del 1895 sul The Mixicologist di C. F. Lawlor, in cui gli ingredienti utilizzati sono Plymouth Gin, Vermouth e Grand Marnier (liquore di Cognac all’arancia) in parti uguali. A Johnson si deve la sostituzione del Grand Marnier con il liquore verde alle erbe e l’aggiunta di un dash di Orange bitters, elementi capaci di caratterizzarlo maggiormente grazie alla presenza di note botaniche, agrumate ed un più elevato grado alcolico.
Per circa quarant’anni le versioni di Lawlor e Johnson si contenderanno le pagine dei manuali di miscelazioni pubblicati in ogni angolo del globo, fino a quando la tendenza a partire dagli anni ’30 del Novecento di preferire una bevuta più secca e meno complessa sotto il punto di vista dei sapori decreterà il loro periodo di oblio dai banconi del bar.
La riscoperta del Bijou
Il drink fu uno dei capisaldi della Cocktail Renassaince inaugurata da Dale De Groff al Rainbow’s Promenade Bar del Rockfeller Center di New York (gestito dallo stesso De Groff dal 1987 al 1999) e già dal 1988 comparirà sul secondo menù divenendone in poco tempo uno dei bestseller.
L’etimologia
Il nome del drink, dal termine francese che sta per “gioiello”, sembrerebbe dovuto al fatto che nella versione di Johnson ognuno dei tre componenti principali richiama cromaticamente ad una rispettiva pietra preziosa (il Gin per il diamante, il Vermouth dolce per il rubino e il liquore di erbe per lo smeraldo).
Indice
Dale de Groff
Dale De Groff, sul suo libro The New Craft of the Cocktail, varia leggermente le quantità, arrivando a 60 ml di gin e 15 ml ciascuno di Vermouth e Chartreuse, consigliando l’utilizzo dello Chartreuse verde V.E.P.