Bellini
Quando Arte e Miscelazione si incontrano. Lo Sparkling rosa a base di vino frizzante e pesche che ha calamitato il mondo.
- Scheda
- Storia
- Note
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa nel mixing glass ben freddo l’estratto di pesca bianca e successivamente il prosecco. in questo modo si formerà una schiuma morbida. Mescola delicatamente e versa nel bicchiere freddo ottenendo un piacevole cappello di schiuma in superficie.
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Tipologia
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Periodo storico
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Indice
Giuseppe Cipriani e il Bellini
È sicuramente difficile inventare un buon drink, ma di sicuro è ancora più difficile creare un drink che diventi un’icona di stile, di classe e il cui consumo porti subito alla mente lo stile di vita del luogo o del momento storico in cui il cocktail è stato inventato. Il Bellini è uno di quei drink che ci è riuscito, e ci riesce tutt’oggi così tanto bene da essere probabilmente lo sparkling cocktail a base frutta più conosciuto e consumato al mondo.
Fu creato da Giuseppe Cipriani (1900 – 1980) nel 1948 presso il suo Harry’s Bar di Venezia, uno dei luoghi più frequentati dai turisti che passano per la città lagunare e che si fermano qui per bere il Bellini o assaggiare il leggendario Carpaccio, il piatto a base di carne cruda che nel 1950 venne proprio creato da Cipriani per Amallia Nani Mocenigo, nobildonna a cui i medici avevano vietato il consumo di carne cotta.
La storia di Harry Pickering e dell’Harry’s Bar
L’Harry’s Bar di Venezia deve il proprio nome alla figura di Harry Pickering, un ricco giovane di Boston che amava passare il proprio tempo a Venezia, e che nei suoi soggiorni presso la città divenne grande amico di Cipriani mentre quest’ultimo lavorava all’Hotel Europa del Capoluogo veneto.
Nella seconda metà degli anni ’20 del Novecento, Pickering chiese in prestito 10.000 lire a Cipriani per un rapido e rocambolesco ritorno negli Stati Uniti. Qualche anno più tardi Pickering tornò a Venezia, riconsegnando a Cipriani la somma prestatagli, a cui aggiunse altre 30.000 lire a tributo della propria fiducia, cifra con cui Giuseppe iniziò ad accarezzare l’idea di aprire una propria attività. Nel 1931 Cipriani trovò una struttura che poteva fare al caso suo: si trattava di un vecchio magazzino di cordame di 45 metri quadrati, adiacente a Piazza San Marco, all’imbocco di Calle Vallaresso dal lato del Canal Grande, dove tutt’oggi l’Harry’s Bar risiede dalla data della sua inaugurazione, il 13 maggio di quel medesimo anno.
All’epoca il locale si trovava all’estremo di una strada chiusa, non connessa direttamente con la piazza principale della città (il ponte che fa da collegamento verrà costruito solo qualche anno più tardi), fattore che affascinava enormemente Cipriani che vedeva in questa peculiarità l’occasione per dotarsi di una clientela di alto profilo volta a recarsi espressamente presso la sua struttura, invece di accontentarsi di una clientela di passaggio tipica delle zone più frequentate dal via vai delle persone a passeggio.
La classe del servizio
La fama dell’Harry’s Bar si deve in gran parte allo stile che ne caratterizza il servizio e alla rinomata clientela che ne frequentava le sale, fra cui Ernest Hemingway, Orson Welles, Francis Scott Fitzgerald e Dorothy Parker. A partire dal 1958 Cipriani, insieme a Rupert Guinness, conte di Iveagh, aprirà l’Hotel Cipriani (oggi Belmond Hotel Cipriani) sull’isola della Giudecca, a cui nel 1962 seguirà l’Hotel Villa Cipriani ad Asolo. Da allora la famiglia Cipriani (Giuseppe affiderà l’attività al figlio Arrigo, che questi tramanderà al figlio Giuseppe Jr) ha continuato la sua attività di imprenditori della ristorazione arrivando a possedere 27 ristoranti in tutto il mondo, in città come New York, Miami, Los Angeles, Dubai, Città del Messico, Londra, Hong Kong e Monte Carlo, portando l’eleganza, lo stile e la cucina italiana ai 4 angoli del globo.
Nel 2001 il Ministero dei Beni Culturali ha dichiarato l’Harry’s Bar “patrimonio nazionale” per il ruolo che ha rivestito per la città di Venezia lungo gran parte del Ventesimo secolo, calamitando ai propri tavoli personalità senza tempo dedite ad ogni forma di espressione artistica: ad oggi è l’unica struttura ristorativa ad essere insignita di tale titolo.
Il Bellini pittore
Il nome del cocktail è chiaramente ispirato al pittore veneziano Giovanni Bellini (1427 – 1516), conosciuto anche con il soprannome di Giambellino, poiché il colore del drink ricordava al suo creatore proprio una determinata tonalità cromatica vista nei quadri dell’artista, particolarmente rinomato per la capacità di riportare sulla tela la luce naturale grazie all’utilizzo di vividi colori dalle tonalità calamitanti. Proprio nei giorni della creazione del drink, presso Palazzo Ducale, venne allestita una mostra con le opere del pittore che attirò una nutrita schiera di intellettuali e amanti dell’arte, occasione che diede a Cipriani l’idea di collegare il frutto della sua creatività con la fama senza tempo dell’artista lagunare.
La canonizzazione IBA
Il Bellini venne inserito nella lista dei classici IBA con la seconda codifica del 1986 e riconfermato nelle codifiche successive fino all’ultima del 2020.
Indice
Che tipo di pesche utilizzare nel Bellini?
Le pesche da utilizzare sono quelle bianche. Le mie preferite sono le “tabacchiere”, quelle schiacciate, dalla polpa bianca morbida e dolce e che oggi si trovano con molta facilità.
Succo estratto
Per un migliore risultato, utilizza il succo ricavato con l’estrattore perché più corposo. In alternativa pesta le pesche con un pestello e filtratene il succo.
Evita di frullare le pesche, poiché la polpa del frutto non è un ingrediente del drink.
Se al succo aggiungi 0,2% di acido ascorbico, ne eviterai l’imbrunimento.
Il bicchiere del Bellini
È solitamente servito in una flûte, ma nasce e può essere servito anche in un piccolo bicchiere come quello che utilizzo per i Fizz, proprio come fanno al Cipriani.