Rob Roy
La versione “scozzese” del Manhattan, dal corpo più pronunciato e delicate note affumicate. Un drink con un pizzico di italianità nella sua storia.
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Ricetta
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Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Versa tutti gli ingredienti in un mixing glass ben freddo, stirra con ghiaccio a cubetti e filtra in una coppetta ghiacciata. Infine, sprizza il twist di arancia.
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Indice
La risposta scozzese al Manhattan
Il Rob Roy è probabilmente il drink più azzeccato per descrivere la grande fortuna che i Blended whisky scozzesi godettero nel mercato statunitense sul finire del XIX secolo.
Su questa “nuova” tendenza dell’epoca scherza anche David Wondrich sul suo Imbibe! ammettendo che, dopo l’importazione del gioco del golf entro i confini degli Stati Uniti intorno al 1890, l’interesse per tutto ciò che era di origine scozzese prese gli americani come una mania, tanto che con l’inizio del Novecento il drink più in voga negli States divenne lo Scotch Highball (Whisky e soda).
Il Rob Roy viene definito come la risposta scozzese al Manhattan, ed effettivamente del Manhattan ne ha ripreso la struttura e le variazioni subite nel corso degli anni, specialmente quelle che riguardano le proporzioni fra ingredienti, in passato più spinta verso una predominanza del Vermouth rispetto al distillato, o la diatriba fra Italian e French Vermouth.
La nascita del Rob Roy
Dal 1898 inizia ad apparire su molti ricettari, con alcune differenze sulla tipologia di aromatic bitters da utilizzare: Boker’s, Angostura, Orange, etc. Con il tempo, la tendenza dominante sarà quella di preferire il bitters all’arancia, a volte accompagnato dal profilo gustativo di un altro amaro aromatico; nel 1948 David Embury, nel suo The Fine Art of Mixing Drinks, proverà a consacrare il binomio Scotch whisky e Peychaud’s bitters (Creole bitters).
Un Duca a New York
Curiosamente, sembra che la nascita del Rob Roy sia in qualche modo collegato alla figura di un nostro compatriota andato a cercare fortuna dall’altra parte dell’Oceano Atlantico: Luigi Tuttavilla. Discendente di Guillaume d’Estouteville, cardinale romano del XV secolo di origine francese i cui eredi ricopriranno numerosi incarichi diplomatici presso il Regno di Napoli (fino ad essere insigniti del titolo di Duchi di Calabritto, una volta italianizzato anche il cognome francofono), Luigi nacque nel 1819 a Napoli.
Quello che sappiamo della sua avventurosa esistenza lo dobbiamo al necrologio apparso sul New York Sun il 18 marzo 1896: come racconta l’articolo, Luigi visse una vita da impenitente giocatore di azzardo, partecipò ai moti rivoluzionari del 1848, sposò una giovane nobildonne inglese e per una serie di disavventure politiche e legali si trovò costretto ad emigrare nel Nuovo Continente nel 1858, dapprima a New York, poi New Orleans e Sud America per tornare infine nella Grande Mela nel 1860.
Il Duke’s House
Qui, nel quartiere di Hoboken, inaugurò il proprio locale, il Duke’s House, un piccolo bar-room e ristorante in cui non solo si dedicava all’intrattenimento dei suoi ospiti con un alto livello di ospitalità, ma all’interno della quale, in determinate circostanze, era solito cucinare i suoi famosi macaroni o prestare servizio ai tavoli.
Il Duke’s House nel volgere di poco tempo divenne un punto di riferimento per la classe dirigente di New York, che ne apprezzava sia la ricercata cucina che la copiosa carta dei vini, liquori e distillati. Sulle pagine del quotidiano cittadino The New York World si racconta delle lunghe file di persone in attesa all’ingresso e dei 5 bartender che lavoravano “to their limit” presso la struttura, fra cui Henry A. Orphal. In uno scambio epistolare avvenuto nel 1941 fra il fratello di Henry ed il giornalista G. Selmer Fougner del New York Sun viene raccontata la storia della creazione del Rob Roy: nel 1895 l’agente di commercio dell’Usher’s Scotch Whisky era solito passare di frequente fra le pareti del locale di Tuttavilla, e in una delle sue visite si ritrovò a fare comunella con una piccola schiera di altri clienti.
All’invito ad unirsi a loro per un giro di bevute, l’agente di commercio ribatté che “per questioni etiche” era impossibilitato a bere qualsiasi cosa che non contenesse il whisky da lui commercializzato. Per ovviare al dilemma, venne subito dato ordine di realizzare alcuni drink con l’etichetta del distillato in questione e, secondo questa teoria, Orphal prese come riferimento la bevanda miscelata più popolare del periodo, il Manhattan, e lo modificò con lo Scotch Whisky in sostituzione del suo “cugino” americano.
La canonizzazione IBA
Inserito nella prima lista IBA del 1961, il Rob Roy ne resterà parte integrante fino alla quarta codifica del 2004, a seguito della quale, nel 2011 e nel 2020, non verrà più riconfermato.
La struttura del Rob Roy
Se i tuoi clienti sono già portati a consumare Manhattan, il Rob Roy è una maniera per trattenerli al tuo bancone, proponendo qualcosa di strutturalmente simile ma gustativamente più ricercato: le leggere note affumicate del Blended Scotch whisky, infatti, porteranno al naso dei tuoi avventori una nuova aromaticità da cui nascerà la curiosità giusta per permettere loro di lasciarsi andare senza remore al Rob Roy.
Inoltre, mi sento di dare ragione (come spesso mi accade) a David Embury: le note vegetali di semi di finocchio del Peychaud’s bitters si integrano alla perfezione con quelle fruttate del Whisky e quelle calde e speziate del Vermouth.
Indice
Quale Scotch Whisky per il Rob Roy?
Utilizzate il Whisky in funzione del risultato che vuoi ottenere. Con uno Scotch Blended avrai un risultato più morbido, mentre con un Single Malt un sapore più potente e torbato.
Puoi anche utilizzare un blend di Whisky diversi e fondere i loro caratteri.
Quale Vermouth per il Rob Roy?
Un classico Vermouth dolce rosso senza punte o sapori caratterizzanti.
Sciroppo di zucchero
Con 5 ml di sciroppo di zucchero il drink sarà meno secco e più corposo.