
Campari Shakerato
Non si tratta nemmeno di un drink in senso stretto, eppure è una delle ordinazioni più iconiche dell'aperitivo italiano. Quando lo shaker incontra il Campari.
- Scheda
- Storia
- Note
Sapore
Gusto
Sensazione
Aroma
Consistenza
Numeri
Calorie
Ten. alcolico
Preparazione
Shakera tutti gli ingredienti e filtra in una Coppetta Cocktail ghiacciata. Infine, sprizza gli olii essenziali di un twist di limone sulla superficie del drink.
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Indice
Testimoni nascosti
Esattamente come nel caso del Campari Seltz, anche nei riguardi del Campari Shakerato non è possibile delineare direttamente una storiografia ufficiale. La semplicità della sua struttura, infatti, rende impossibile delineare chi e quando abbia deciso per primo di provare a shakerare il Campari Bitter con il ghiaccio per servirlo più freddo e diluito, e con una consistenza più vaporosa. Ma quello che la Storia non ci dice direttamente può essere ricavato dalle diramazioni parallele di altri elementi: in questo caso, in nostro soccorso, arriva la storia del ghiaccio artificiale in Italia.
Un passo alla volta
Partiamo da una data: il 1889. È proprio in quell’anno che il conte Girolamo Oldofredi ed il nobile Filippo Alfredo Parravicini fondano per primi nel comune di Milano una S.A. per la fabbricazione del ghiaccio industriale. Il medesimo anno, l’amministrazione del Capoluogo lombardo emanò un decreto in cui si stabiliva che solo il ghiaccio artificiale poteva entrare in diretto contatto con i beni destinati all’alimentazione umana. In caso contrario, era possibile utilizzare il ghiaccio di origine naturale solo per raffreddare tramite contatto indiretto derrate e bevande.
La delicata questione nasceva dalla consapevolezza di lunga data che il ghiaccio naturale europeo, a differenza di quello statunitense, veniva spesso realizzato impiegando l’acqua di fonti inquinate da secoli e secoli di impatto umano e che il suo impiego diretto era da considerarsi ad alto rischio a causa dello sviluppo di disordini intestinali. Ecco perché, almeno fino al 1889, in Italia lo sviluppo tecnologico si concentrò maggiormente sul miglioramento dei sistemi di refrigerazione (come le celle per stoccare alimenti) che sulla produzione industriale. I due nobili, nel 1889, misero il primo tassello per la produzione di ghiaccio artificiale e sicuro in Italia.
Il boom del ghiaccio
Ma come per tutte le innovazioni tecnologiche, bisogna aspettare un po’ di tempo perché queste diventino più mainstream, soprattutto in fatto di costi per l’utilizzatore finale. Ed infatti si dovette pazientare circa un ventennio perché il ghiaccio artificiale cominciasse ad essere sdoganato anche ad utilizzo delle fasce meno alte della società, e questa conquista la dobbiamo principalmente alla Prima guerra mondiale. Negli anni del Conflitto (1915-1918) più di un governo investì ingenti risorse per promuovere migliorie nei sistemi produttivi del ghiaccio artificiale, per dare una più lunga conservabilità alle derrate alimentari destinate agli eserciti dislocati nelle zone di conflitto. Evitare gli sprechi significava maturare un vantaggio economico in guerra. Solo in Italia, come riportato da Alberto Grandi nel suo L’Incredibile Storia della Neve e della Sua Scomparsa del 2022, la produzione quotidiana di ghiaccio passò tra il 1900 e il 1915 da 4.000 a 45.000 quintali. E il trend di crescita non si fermò con la fine della Guerra: il ghiaccio industriale era entrato nel sistema dei consumi italiani per non uscirne mai più.
Il Camparino
Il 1915, inotre, è l’anno di inaugurazione di un importantissimo tassello nella storia del Campari Shakerato: in quella data, infatti, Davide Campari, figlio di Gaspare (l’ideatore del Campari Bitter), apre i battenti del Camparino in Galleria, il secondo locale milanese della famiglia dopo il Caffé Campari, posto all’angolo fra la Galleria Vittorio Emanuele II e Piazza Duomo. Il Camparino, ma soprattutto il Bar di Passo (il bar che si affaccia direttamente su Piazza Duomo ed è così chiamato perché vi si accede percorrendo pochi passi dalla piazza più famosa della città), si presenta con un’atmosfera più disimpegnata rispetto al Caffé Campari, capace di calamitare persone dei più svariati ceti sociali che si recano sotto i portici della galleria per concedersi un momento di convivialità e di stacco dalla vita frenetica sorseggiando il Campari Bitter. Finalmente (in maniera auspicabile) preparato shakerandolo con il ghiaccio.
La fama odierna
Per giungere però alla definitiva popolarità che oggi tributiamo al Campari Shakerato bisognerà aspettare gli anni del Boom Economico: fra la metà degli anni ’50 e la fine degli anni ’60 le condizioni dei lavoratori italiani migliorano a livelli mai raggiunti primi in fatto di retribuzione salariale e di maggiore tempo libero, portando così allo sdoganamento del momento dell’aperitivo anche nelle classi sociali più basse della popolazione, rendendo l’happy hour definitivamente mainstream. Da allora, sulle ali del fascino che l’Italia e il suo stile di vita esercitano su tutto il pianeta, il Campari Shakerato ha cominciato a guadagnare apprezzamenti anche al di fuori del nostro paese, facendone “il cocktail con un solo ingrediente” più famoso del mondo.
Indice
Come al Camparino
Se ti stai chiedendo come viene realizzato il Campari Shakerato al Camparino, ti spiego passo per passo quello che ho visto fare con i miei occhi.
Inizialmente shakerano il Campari Bitter con ghiaccio per alcuni secondi, finché lo shaker non risulta completamente ghiacciato. Quindi filtrano il Campari Bitter in un nuovo shaker (privo di ghiaccio) ed effettuano un reverse dry shake, per sciogliere eventuali scaglie di ghiaccio residue dal passaggio precedente e per creare la vaporosa schiuma che vedi sulla superficie del drink. Infine, versano il drink all’interno di un bicchiere in stile Nick & Nora brandizzato Campari e sprizzano gli olii essenziali della scorza di un limone in cima al Campari Shakerato.
Un kick botanico
Da tradizione, qualcuno aggiunge 5-10 ml di gin alla ricetta. Con la grande varietà di questo distillato in circolazione, puoi caratterizzare il tuo Campari Shakerato con note più secche o con sentori più floreali e fruttati.
Io preferisco la versione canonica, ma nessuno ti vieta di sperimentare.
Agrumi e shaker
Alcuni aggiungono qualche scorza di agrume (o un mix di scorze di differenti agrumi) privata dell’albedo all’interno dello shaker per conferire una nota marcatamente agrumata al Campari Shakerato. Come sopra, io lo preferisco in purezza, ma se devo esprimere la mia personale opinione, preferisco la scorza del pompelmo.